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Strage di Ustica, orror di Stato

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Le fogne sono più salubri di questo Stato che puzza di marcio ben oltre il midollo. Ammesso che un midollo lo abbia, questo insieme di autorità, eccellenze, alte burocrazie e, udite – udite, servitori dello Stato che come Arlecchino sono soliti servire più padroni.

Uno Stato che invece di inchinarsi di fronte alle vittime di Ustica le oltraggia con trucchetti da prestigiatore di oratorio dilatando, allontanando, abbandonando l’unica cosa che, a fronte della colpevole inattività di tutti questi anni, potrebbe fare: pagare i risarcimenti e scusarsi. E’ dell’ultima ora la notizia che l’Avvocatura di Stato vorrebbe, con un ricorso, sottrarre il legittimo diritto al risarcimento a cui ognuna delle parti lese aspira – come unica e inespressa speranza – a fronte della mortificazione e del dolore di non avere, dopo 33 anni, disvelate le ragioni di quel disastro.

Nel nulla si sono dilaniati 81 uomini e donne secondo questo Stato cialtrone e nel nulla dovrebbero defluire anche le aspettative di chi, in attesa di una parola, ha visto la polvere della ignavia e della codardia accumularsi anno dopo anno. Uno Stato che non è capace di tutelare, in tempi di pace, i propri figli e che, peggio ancora, non è capace in tempi di pace di punire i colpevoli merita ampiamente il massimo disprezzo.

Mi è sempre più difficile trovare una ragione profonda per difendere la forma Stato, l’astrazione concettuale che, gioco forza, pone ai vertici delle decisioni, uomini e donne sottraendoli ad ogni principio di responsabilità. Al contrario li esalta, come accaduto con Andreotti in occasione della sua morte. Riducendo colpe e condotte a pura anneddotica con cui intrattenere il pubblico televisivo o i lettori del giornale. Un paese che non sa processare la propria classe dirigente, e non mi riferisco ai tribunali, ma ci balzella intorno per prebende e privilegi destina all’oblio l’unico orgoglio e l’unica dignità che presupporrebbe l’essere cittadini: titolari di interessi prioritari.

La forma Stato, per come la conosciamo, lo nega. Non solo nelle dinamiche sociali ma anche nella ricerca della giustizia.

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