In questi giorni l’azienda Simon, fondata dall’industriale Dino Gavina nel 1968, è stata acquisita dal Gruppo Poltrona Frau, controllato dal Fondo d’investimento Charme, e i suoi arredi entreranno nel catalogo Cassina, altro storico marchio del design in Italia.

Una vicenda emblematica, con le storie di Gavina e Cassina che tornano ad incrociarsi, e che permette una embrionale riflessione sullo stato dell’arte delle imprese design driven e della condizione dell’imprenditoria.

Dino Gavina è stato uno dei grandi imprenditori del design. A partire dagli anni Cinquanta ha lavorato, fra gli altri, con i fratelli Pier Giacomo e Achille Castiglioni, Ignazio Gardella e Marco Zanuso, poi ancora con Carlo e Tobia e Scarpa, padre e figlio, il primo addirittura al tempo nominato presidente dell’azienda Gavina. Al principio dei Sessanta ha fondato Flos, una delle più importanti aziende dell’illuminazione, in società fra gli altri proprio con Cesare Cassina a lui molto vicino per almeno un intenso decennio.

Per primo si è occupato di riedizioni degli arredi di uno dei massimi esponenti del Bauhaus, chiedendo a Marcel Breuer di rimettere in produzione la poltrona in tubo metallico Wassily e Cesca, la sedia a sbalzo e seduta in paglia di Vienna, divenuta in breve un classico. E poi ancora nel corso della sua attività ha collaborato con artisti come Lucio Fontana, Man Ray o Marcel Duchamp.

Oltre a quella che reca il suo nome, un’altra delle aziende da lui fondata è stata Simon, dal cognome di Maria Simoncini compagna di avventure di tutta una vita, e che nel suo catalogo annovera importanti pezzi disegnati fra gli altri da Carlo e Tobia Scarpa, Kazuide Takahama, Enzo Mari, Sebastian Matta o Man Ray.

Comprato anni fa da Curvet e poi da Estel, il marchio Simon di recente è divenuto di proprietà del Gruppo Poltrona Frau, di cui fanno già parte, oltre all’omonima azienda, anche Cappellini e Cassina. Proprio nel catalogo di quest’ultima industria entreranno i prodotti Simon, affiancandosi alla collezione dei Maestri dedicata ai grandi architetti internazionali, come Le Corbusier o Wright, o alle recenti riproposte dei pezzi di Franco Albini.

Il Gruppo Poltrona Frau, presieduto da Franco Moschini con Matteo Montezemolo vicepresidente e Dario Rinero amministratore delegato, è al 51, 953% proprietà del fondo di investimento Charme, legato a Luca Cordero di Montezemolo.

Il ruolo che i Fondi hanno svolto e svolgono dentro le imprese del design italiano, storicamente nate e spesso rimaste piccole e medie aziende di “capitalismo familiare”, tendenzialmente sottocapitalizzate e sottodimensionate, resta ancora compiutamente da intendere e indagare. Questo per quanto riguarda i risultati economico-finanziari che l’operato d’impresa, ad esempio dal punto di vista degli investimenti produttivi e del lavoro, oppure rispetto alla qualità dei prodotti, senza la quale è difficile sostenere il design.

Una prima valutazione non può che leggere finora risultati controversi che la Grande Crisi spiega solo in parte. Di certo l’ingresso dei Fondi è potenzialmente positivo in quanto mette a disposizione, ad esempio, capitali d’investimento difficilmente reperibili attingendo a patrimoni familiari o finanziamenti meno sostanziosi. L’opportunità si è di frequente scontrata però con la “naturale” strategia d’azione di breve periodo degli investitori e della gestione ma anche con il fatto di aver considerato le aziende del design sostanzialmente in termini di brand. Acquisto un marchio famoso con cui etichetto un prodotto – qualsiasi prodotto? – e grazie a questo vendo. Cosa che in verità non è sempre successa.

Sembra talvolta essere mancata nelle strategie dei Fondi che hanno investito nelle industrie del design, ma analogo discorso vale naturalmente anche per il management, la consapevolezza imprenditoriale e culturale di una “specificità”. Il design italiano e il made in Italy, fuori dalla retorica con cui sono stati avvolti e che qualche volta ha anche nuociuto, sono l’esito complesso, faticoso, di lungo periodo di un insieme di molti elementi, frutto di un processo “globale” in qualche modo collettivo e condiviso da svariati soggetti con specifiche competenze. Ad esempio, forte e riconoscibile identità; avvertita e di frequente visionaria cultura d’impresa; intangible assets e kwnoledge; dialogo serrato con la cultura del progetto; ramificato sistema complessivo costituito da molti attori, come gli uffici tecnici e le maestranze aziendali, i grafici, i fotografi, gli exhibition designer; rete di vendita dedicata e competente. E poi ancora, “fiancheggiatori” formati e sensibili, come le riviste, gli spazi espositivi e le associazioni di categoria.

Ognuno può valutare il difficile stato attuale del sistema del design, ma pare di poter dire che le risorse finanziarie fresche degli investitori, forse in verità molte risorse dentro le imprese, si siano talvolta indirizzate lungo direzioni un po’ scontate e datate, poco adeguate a quelle che sembrano autentiche rivoluzioni in corso, nell’economia, nella società, nella tecnologia, nei media. Diciamo investimenti più d’immagine che di sostanza, che hanno trascurato ad esempio, ricerca, conoscenza, cultura, formazione e progetto.

Che il Gruppo Poltrona Frau abbia investito nell’azienda Simon, nella sua storia e nei suoi progetti, è un segnale positivo che apre speranze per l’ingresso di nuove energie anche per altre industrie che stanno attraversando una fase difficile e complessa.

Ci sia permessa allora solo una piccola avvertenza: “Fragile: maneggiare con cura”.

Articolo Precedente

Banche, Draghi: “Serve sistema sano”. Ma Basilea avvisa: “Rafforzare capitale”

next
Articolo Successivo

Derivati, “Italia rischia perdita di 8 miliardi di euro per contratti degli anni ’90”

next