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Gheddafi, cosa non s’è fatto per evitare che il Raìs parlasse

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Non sapremo mai che cosa legava la costellazione Gheddafi-Berlusconi che, con la complicità di un Parlamento passivo e senza opposizione, ha cambiato e deformato la politica estera italiana.

Lo abbiamo capito quando ci hanno mostrato in televisione la testa insanguinata e senza vita del misterioso dittatore libico, mezzo terrorista e mezzo partner d’affari con l’Italia. E non sapremo mai quanti di quegli affari erano privati. Il procuratore più accreditato di Gheddafi, a quel tempo primo ministro italiano, non ha mai commentato la fine spaventosa del socio, certo non una esplosione di rabbia.

Ora però sappiamo da fonte sicuramente credibile che Berlusconi aveva chiesto ai suoi (ai nostri) servizi segreti: “Questo Gheddafi non si potrebbe uccidere?”. In qualunque film qui scorrerebbero le immagini delle due visite del colonnello Gheddafi a Roma, tende, cammelli, reparti di ragazze di certe misure, età e statura comandate a certe sue conferenze sul Corano, e il corteo dei “grandi italiani” di tutti i generi di potere che attendono con pazienza di essere accolti nella tenda del grande leader. Come accade nelle circostanze importanti (o per troppa festa o per troppa emergenza) il Paese (ovvero chi lo rappresenta) si unisce e condivide.

Alle visite di Gheddafi a Roma, non ci sono stati obiettori di riverenza, grandi nomi delle imprese e delle banche inclusi. È chiaro ormai che le “larghe intese” sono nate sui banchi del Parlamento quando si è trattato di approvare (mai di discutere), il “patto di fraterna amicizia fra l’Italia e la Grande Jamahiriyya” che prevedeva versamenti di grandi somme dall’Italia alla Libia, un odioso accordo per la eliminazione di profughi e rifugiati che tentavano di salvarsi in Italia, e una stretta alleanza militare fino alla concessione delle basi italiane.

Nessuno ha mai spiegato come mai l’intero Pd, guidato in quell’occasione da Massimo D’Alema, abbia potuto votare all’unanimità (meno due) insieme con i dipendenti di Berlusconi, quel “fraterno patto” con la Libia, celebre e noto campo di concentramento fra i peggiori del mondo. Nessuno ne risponderà perché c’erano tutti (a questo servono le larghe intese).

Naturalmente, in caso di disgrazia, è utile far correre la voce: “Non si potrebbe uccidere questo Gheddafi?”. Infatti sarebbe meglio che non parlasse, e i sopravvissuti in genere lo fanno. Ci hanno pensato, pare, i servizi francesi, ma il fine è stato raggiunto. È confortante, per chi ha votato quel patto, senza spiegare, non avere la noia di rendere conto. Per sicurezza, il Pd non ha ricandidato il giovane e attivissimo deputato Andrea Sarubbi, parte del piccolo gruppo che ha visto, capito e votato contro.

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