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Il dermatologo Lotti condannato. Ma chiede al Fatto.it la "riabilitazione"

Il gip di Firenze ha inflitto in primo grado al professore due anni di reclusione per peculato e istigazione alla corruzione. Ora attende l'appello, ma tramite il suo legale ha intimato a ilfattoquotidiano.it di cancellare l'articolo di cronaca sulla vicenda e di essere intervistato "su vitiligine, acne, melanoma". Per l'accusa, avrebbe chiesto soldi a case farmaceutiche e intascato parcelle in nero
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Il professor Torello Lotti, dermatologo a Firenze, è stato condannato in primo grado a due anni di reclusione per peculato e istigazione alla corruzione. La sentenza del gip Giacomo Rocchi è arrivata il 3 febbraio 2012. Il motivo per cui ne scriviamo oggi è che il professor Lotti, tramite il suo legale Deborah Bianchi, ci ha intimato di provvedere alla sua “riabilitazione“. Prima chiedendoci di togliere dal sito di ilfattoquotidiano.it e dall’indicizzazione di Google (tramite un apposito software) un nostro articolo del 1 ottobre 2010 che dava conto del suo arresto e delle accuse che la Procura di Firenze gli rivolgeva. Il motivo, ha sostenuto il professore tramite il suo legale, è che successivamente  l’ordinanza di custodia cautelare era stata revocata e una delle accuse – l’associazione a delinquere – era stata esclusa.

Aggiungere queste precisazioni all’articolo, per aggiornarlo, come è giusto che sia, come avevamo proposto, non è bastato. In cambio di una nostra richiesta di rinuncia scritta ad agire in giudizio contro ilfattoquotidiano.it, il professor Lotti non solo ha ribadito la richiesta di deindicizzare l’articolo, ma per perfezionare la “riabilitazione” ha sostenuto che  avremmo dovuto intervistarlo perché dispensasse consigli dermatologici ai nostri lettori. “In definitiva il Prof. Lotti chiederebbe la deindicizzazione dell’articolo in oggetto e una Vostra intervista sulle proprie materie di competenza professionale (sulla vitiligine, sull’acne, sul melanoma)”, ci ha scritto il suo legale. 

Non occupandoci particolarmente di salute, abbiamo deciso di venire incontro alle richieste del professore aggiornando i lettori in modo completo sugli sviluppi della sua vicenda giudiziaria fino a questo momento, precisando che non è ancora chiusa, visto che si attende il processo d’appello.

L’inchiesta della Procura di Firenze riguardava un presunto giro di tangenti legato a una cura sperimentale sulla psoriasi. Dopo l’accoglimento della richiesta di rito abbreviato (che prevede la riduzione di un terzo della pena), il 3 febbraio 2012 per Lotti è arrivata la condanna davanti al gip a 2 anni per i reati di peculato e istigazione alla corruzione. Condanna non definitiva, visto che il pubblico ministero – che gli aveva contestato anche l’associazione a delinquere, per la quale è stato assolto in primo grado – ha fatto appello. 

Il giudice ha sì assolto il medico specialista – professionista in rapporto di servizio con l’azienda sanitaria di Firenze, con l’Università degli studi del capluogo toscano, nonché direttore del Cidebip e di strutture sanitarie pubbliche e universitarie – dall’accusa di associazione a delinquere e da una serie di capi di imputazioni per “affari” con industrie farmaceutiche. E per Lotti l’accusa di corruzione –in atti contrari ai doveri di ufficio – è stata riqualificata, ovvero cambiata, nel reato di istigazione alla corruzione. Ed è per questo che è stato condannato a un anno; pena a cui si somma un altro anno per peculato. 

Secondo gli inquirenti, Lotti (in qualità di direttore del centro Psocare) “si impegnava – si legge nelle carte –  a prescrivere ad una quota pari al 50% dei 212 pazienti affetti da psoriasi un tempo trattati con il farmaco biologico Raptiva prodotto dall’impresa Merk Serono e sospeso con provvedimento dell’Aifa, già ammesso al programma Psocare, il farmaco biologico Humira prodotto dall’impresa Abbott. Ciò in violazione dei doveri di imparzialità, correttezza e trasparenza (…) di veridicità delle valutazioni dello stato patologico dei pazienti e delle prescrizioni”. In una telefonata del 24 marzo 2009 Lotti afferma che questo è il momento adatto, che si è pronti a partire, “perché qui ora le cose si stanno muovendo… un biologico è uscito, un altro entra”, con il riferimento alla sospensione del farmaco Raptiva.

La condanna del giudice è arrivata “limitatamente alla sollecitazione del versamento di una somma di 100mila euro da parte dell’industria farmaceutica Abbott”. Mentre per “l’affare Janssen-Cilag”, al centro dell’altra contestazione per la quale è stato condannato, è stato ritenuto colpevole di aver sollecitato alla stessa “il versamento di una somma da 75mila a 110mila euro”. Entrando nel dettaglio, per quanto riguarda l’Affare Abbott, per il giudice “Lotti non era interessato né al bene degli specializzandi (…) né ad organizzare eventi congressuali davvero utili visto che, se la Abbott avesse versato quanto chiedeva, aveva intenzione di stornare più denaro possibile per altri scopi. Difendeva se stesso”. Allo stesso modo, secondo il giudice, “non vi è dubbio che il Lotti, quale pubblico ufficiale, abbia sollecitato una promessa o una dazione di denaro da parte della Abbott; sollecitazione ripetuta, insistente, e fatta da parte di chi era ben consapevole della sua posizione di forza e di prestigio rispetto ai rappresentanti delle aziende farmaceutiche”.

Oltre a un anno per istigazione alla corruzione per Abbott e Janssen, Lotti è stato condannato in primo grado anche per peculato. In questo caso Lotti, con la sua segretaria Wilma Romani, avrebbe non rilasciato, per alcune visite, “alcuna ricevuta”. E soprattutto “tratteneva a casa, come la perquisizione ha permesso di accertare, il denaro incassato dalle visite intramoenia”. “Non è davvero un caso che la moglie dell’imputato abbia cercato di occultare le buste contenenti denaro e appunti, che dimostrano, in sostanza, l’esistenza di una contabilità parallela che permetteva al Lotti di riversare solo parte di quanto dovuto”.

La sentenza quindi lo ha condannato in primo grado, ed è stata appellata da entrambe le parti.

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