Scegliere Viaggio al centro della Terra per fare teatro con i ragazzi di San Felice sul Panaro è una scelta forte. È una sfida alla paura e alla fatica di andare avanti in una delle città epicentro del sisma emiliano. Perché per riconquistare la propria vita anche il teatro può servire: così la pensano artisti e gruppi della nuova scena regionale che hanno avviato laboratori per i giovanissimi in molti comuni colpiti dal sisma con un progetto della fondazione Emilia-Romagna Teatro.

A San Felice tocca alla non scuola delle Albe: un’esperienza di teatro con gli adolescenti nelle scuole e fuori nata a Ravenna ormai una ventina d’anni fa e esportata in città e periferie d’Italia e del mondo. “La non scuola è da vent’anni un luogo centrale del nostro fare” spiega Marco Martinelli, regista e autore delle Albe. “Nel tempo – prosegue – ha avuto trasformazioni, è diventata Arrevuoto a Scampia, Eresia della felicità a Santarcangelo, si è dimostrata ultralocale e ‘ubuniversale’ capace di radicarsi profondamente nella nostra città e di germinare ovunque. Il prossimo appuntamento internazionale sarà a New York, nel gennaio 2014: per tre settimane faremo il nostro spettacolo Rumore di acque e contemporaneamente lavoreremo con adolescenti di Manhattan e Harlem”.

Rumore di acque è un monologo struggente e arrabbiato dedicato ai migranti morti nelle traversate del Mediterraneo (c’è ancora qualche data a Milano e altrove per vederlo): è proprio l’interprete di questo lavoro, Alessandro Renda, che abbiamo trovato alla guida del laboratorio di San Felice. E ci vuole tutta la decisione di cui è capace per spingere dalla parte giusta le energie dei più o meno venti ragazzi dagli otto ai quindici anni che ne fanno parte.

Stanno provando, anzi inventando, per improvvisazioni, la scena del ritrovamento di un manoscritto. Il foglio passa di mano in mano in una lotta che è anche una festa. A ogni nuova ripresa le guide (Renda e Elisabetta Argnani) scelgono, fanno ripetere, consigliano i ragazzi che a loro volta intervengono finché gli scherzi, le proteste, i dispetti diventano battute, mosse, giochi – però il margine dell’imprevisto resta largo, impensabile governare tutto quello che hanno dentro questi provvisori e credibilissimi attori. Alessandro Argnani, altra guida del laboratorio e anche lui, come gli altri, nato e cresciuto al teatro come partecipante dei laboratori delle Albe e poi entrato nella nuova leva di attori del gruppo ravennate, spiega: “Viaggio al centro della Terra entrerà, anche se in forma molto protetta, nel cartellone di Vie Festival, che quest’anno sarà in parte fatto anche nelle zone del terremoto”.

Finita la prova  e distrutto più di un “manoscritto”, i ragazzi siedono sul pavimento della stanza per raccontare. “Stiamo reinventando il libro con scene e parole nostre” precisa subito Anna, e subito un’altra voce: “Lo stiamo rielaborando con le caratteristiche del nostro paese”. Poi Antonio: “Anche perché dopo il terremoto San Felice e il centro della Terra qualcosa in comune ce l’hanno”. Questo lavoro vi aiuta a fare i conti con il terremoto? Le guide vi dicono di non citarlo continuamente, ma lo inserite nelle battute lo stesso, con gli orari delle scosse, i danni… Valentina: “Noi cerchiamo di dimenticare…” Agata: “Fare teatro è… spensieratorio, non saprei trovare un altro aggettivo!”

Difficile trovarne di migliori in effetti, ma Anna la vede diversamente: “Io il 29 maggio ho visto in diretta la caduta della torre dell’orologio, raccontare mi fa rivivere quei momenti, però con più felicità e meno tragedia”. Ancora Agata: ” È come… cancellare ma non dimenticare”:

Siamo nell’ex refettorio della scuola elementare, uno dei rari spazi pubblici della vecchia San Felice sopravvissuti alle scosse. Qui si fanno anche le riunioni del consiglio comunale, ci hanno spiegato (e lo confermano le file di grosse sedie accatastate alle pareti). E a scuola dove si va? Coro: “Nei container”. Sara: “Non c’è un po’ di colore… è un incubo!” Ancora Anna: “Andare in una scuola in cui non… passare da una scuola bella, con lavagne multimediali, a una scuola con lavagne preistoriche, quelle che usavano i nostri nonni, beh, è una cosa… ti senti spaesato.” Ora raccontano in molti: la piscina danneggiata “ma fortunatamente ora hanno rimesso tutto a posto e quindi è un luogo in più dove andare”.

Il campo sportivo pieno di dune “perché il terremoto ha buttato su delle sabbie, ci si va però devi stare sempre attento a non inciampare”. Proviamo a parlare del futuro, di San Felice tra dieci anni, allora senti anche i maschi. Antonio: “Secondo me tra dieci anni tutte le case saranno tutte antisismiche…” Qualcuno scherza: Ma quelle antisismiche si muovono molto di più… però ti metti sotto il tavolo come fanno i cinesi non ti fai niente…” Quindi Sara: “Tra dieci anni io mi aspetto un centro molto più vivace, perché adesso girare in mezzo al paese ti dà l’idea di tristezza, se tu dici ciao si sente l’eco perché è tutto disabitato”. E Anna: “Una cosa che forse manca molto è la nostra rocca, il nostro castello che è crollato quasi completamente però io spero che lo rimettano a posto. Mia mamma ha un negozio che si trovava in centro e adesso è in una casetta di legno, spero che tra dieci anni sia tutto più bello, speriamo che rinasca”.

Per finire torniamo al teatro, che è ciò che vi ha fatto riunire in questa sala: che cosa vi darà quest’esperienza? “Loro ti incoraggiano – dice qualcuno – anche se uno è timido ti dicono urla più forte, vai, così tu scarichi tutto quello che hai dentro…” “Per esprimere le nostre emozioni in pubblico…” comincia Eleonora “E non essere timidi!” completano Sara e altre voci, poi Valentina: “E avere due amici in più, no, quattro!”. Poi è tardi, ci sono i genitori oltre la porta a vetri, i treni da prendere, non servono cerimonie per salutarsi e promettersi di ritornare.

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