I corsi e ricorsi storici. Lo scudetto vinto dalla Juventus oggi, 5 maggio 2013, chiude definitivamente lo squarcio che si aprì il 5 maggio 2002. Undici anni dopo, il sapore di questo scudetto non è quello della rivincita, ma quello della conferma. La Juve è tornata a essere la squadra che domina e vince i campionati in Italia. L’anno scorso, dopo l’inferno di Calciopoli e il purgatorio della Serie B, era un titolo che sapeva di rivalsa, condito dalle polemiche per la terza stella – i 30 scudetti ‘sul campo’ festeggiati da tifosi e dirigenza contro i 28 dell’albo ufficiale. Quest’anno, il secondo campionato consecutivo dell’era Conte, il ventinovesimo per la squadra bianconera, segna uno spartiacque. E che sia stato conquistato il proprio il 5 maggio, è il segno che gli dei del pallone hanno voluto inviare al campionato italiano. Qui comincia la Terza Repubblica bianconera.

Oggi, a concludere un torneo dominato e mai in discussione, alla squadra di Conte è bastato un gol di Vidal su rigore (discusso, è pur sempre la Juve) per piegare la resistenza del Palermo e festeggiare. Undici anni fa, il 5 maggio 2002, la Juventus di Lippi vinceva 2-0 sul campo di Udine (Trezeguet – Del Piero) mentre all’Olimpico di Roma si consumava il dramma nerazzurro: l’Inter di Cuper sconfitta contro ogni pronostico 4-2 dalla Lazio. Nulla fu più come prima. Arrivarono Calciopoli e l’inchiesta Telecom, le condanne, le penalizzazioni e le radiazioni. I cinque scudetti consecutivi dell’Inter, mentre la Juve cercava di risalire dalle sue macerie con una girandola continua di giocatori, allenatori e dirigenti. Poi la resurrezione dell’araba fenice.

Una nuova dirigenza e nuovi giocatori. Lo stadio di proprietà che porta spettatori ed introiti, le inevitabili polemiche (è pur sempre la Juve) e il ritorno al vertice. Se Buffon è l’unico giocatore in campo che era presente anche nell’altro 5 maggio, il simbolo della trasformazione è però Conte, allora giocatore oggi allenatore. E’ lui, metodico e infaticabile in campo come in panchina, il simbolo della rinascita. Unico neo in una giornata di festa, sono forse proprio le parole del suo tecnico. “L’uomo vuole rimanere al 100%, poi c’è il professionista, che deve avere chiara la situazione. Mi confronterò con Agnelli”, ha detto ieri in conferenza stampa, guardando all’Inghilterra, o al Paris Saint-Germain.

Ovunque vada, Conte ha compiuto la sua impresa, ha traghettato nuovamente la Juventus in cima al calcio italiano. Come ha detto l’anno scorso Del Piero al momento dell’addio “i giocatori e gli allenatori passano, la Juve resta”, e come i bianconeri hanno fatto a meno della loro ultima bandiera, così faranno a meno del loro allenatore. Nelle prossime settimane forse andrà via il tecnico, forse arriverà il top player per tentare l’assalto all’Europa. Di sicuro oggi, dopo undici anni, la Juve è tornata. In un 2013 che ritrova gli eredi della Dc al potere, la normalizzazione si completa sui campi di calcio. D’altronde, leggenda vuole che un giorno Togliatti, rivolto a Secchia, disse “Cos’ha fatto ieri la Juve? Tu pretendi di fare la rivoluzione senza sapere i risultati della Juve?”. Oggi, tutto torna. Alle 19 un autobus scoperto porterà i giocatori in trionfo per le vie di Torino. In tutta Italia i caroselli sono bianconeri. Come undici anni fa, come sempre.

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