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Vietti giustifica gli inciuci con il suo politichese

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Sia il vostro parlare: sì, sì; o no, no: quel che vi è di più proviene dal male” (Matteo 5,37). Un insegnamento che Michele Vietti, attuale vicepresidente del Csm e indicato come possibile ministro della Giustizia (poi hanno preferito la Cancellieri), non deve aver assimilato, nonostante sia deputato Udc e dunque,presumibilmente,cattolico. Il suo eloquio è tale che l’interlocutore finisce invariabilmente con il grattarsi la testa chiedendosi: ma che ha detto? Una volta si smarrì e disse, papale papale. “Sì è vero, questa legge (quella sul legittimo impedimento che servì a B per bloccare i suoi processi per altri 2 anni dopo che i lodi Schifani e Alfano erano stati dichiarati incostituzionali) probabilmente è incostituzionale; ma ci servirà per fermare i processi al presidente del Consiglio per un paio d’anni, fino a quando sarà approvata la riforma della Costituzione che gli garantirà l’immunità” (il riassunto è di chi scrive, il concetto è fedelmente riportato).

Impeccabile come legislatore. Da allora parla con lingua annodata. Che non si è sciolta nemmeno nell‘intervista rilasciata ad Antonella Mascali (Il Fatto dell’1 maggio). “Pensa ancora, come nel 2004, che vada ripristinata l’immunità parlamentare?”. “Un sistema di ammortizzatori che eviti una frizione diretta tra iniziativa giudiziaria e rappresentanza parlamentare esiste in molti Paesi occidentali e nello stesso Parlamento europeo. Se ne può discutere laicamente, anche se non mi pare oggi una priorità, evitando in ogni caso soluzioni autoassolutorie”. Fantastico. Ibis redibis non morieris in bello (“ritornerai e non morirai in guerra”; oppure, a seconda della punteggiatura, andrai, non ritornerai e morirai in guerra). Bisogna evitare le“frizioni”tra giustizia e politica: processare i ladri comuni è esercizio dell’azione penale; processare i ladri politici è una “frizione”.

Ci va un“sistema”per eliminarle. Non dice quale ma non ce n’è bisogno, lo aveva già detto nel 2004: immunità parlamentare. Che significa affidare a un Parlamento che ha affermato essere verosimile che Ruby fosse la nipote di Mubarak la decisione se è giusto che uno del branco debba essere processato per un reato analogo a quello che molti altri suoi colleghi hanno commesso o addirittura stanno commettendo, magari in concorso con lui. Però bisogna evitare “soluzioni auto assolutorie”. Dunque, non bisogna affidare la decisione al Parlamento. Appunto: ibis redibis…

Vietti è persona colta. Sa che l’immunità parlamentare è nata per proteggere i parlamentari dal Sovrano assoluto, quello che non sopportava il controllo del Parlamento sugli affari suoi; e sa che l’immunità che ha proposto lui nel 2004 e che pudicamente suggerisce oggi servirebbe per sottrarre i ladri di Stato al controllo di legalità. Ma è politico esperto e navigato; non stupisce che coerenza e cultura non gli siano di impaccio. Stupisce che non si renda conto dell’impatto che una legge (costituzionale, ovviamente) avrebbe su cittadini così schifati di lui e dei suoi sodali da votare in massa per Grillo, Sel e per quella parte del Pd che presto abbandonerà un governo succubo di B&C. Stai fregandoti con le mani tue, verrebbe da dirgli. Poi ci si pensa bene e si resta zitti.

il Fatto Quotidiano, 3 Maggio 2013

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