Dopo aver avuto un’infanzia difficile,  la vita pone molto presto il giovane Layne Staley  su precipizi fatali la cui némesi  è inevitabile. Compiuti i vent’anni prende coscienza di sé, di quel che è e di chi vuole diventare. Capisce che la musica è l’unica cosa che lo tiene in vita, perseguitato com’è dall’ombra che proietta su di sé un padre tossicodipendente e assente sia mentalmente sia fisicamente. Philip Staley abbandona la famiglia che Layne ha da poco compiuto sei anni. Lui è un ragazzino sveglio, comprende tutto. Per molto tempo la sua figura lo perseguita, all’età di 16 anni decide persino di mettersi alla sua ricerca senza ottenere risultati. Tutto ciò lo frustra e il giovane Layne comincia a manifestare i primi segni di un malessere interiore che lo accompagnerà per il resto dei suoi giorni. Da ragazzo è  inquieto e con una personalità chiusa e tormentata. Riesce a trovare conforto però nell’eroina. All’inizio è solo un piccolo sollievo per una vita che si preannuncia da loser. Aspetto, quest’ultimo, che contribuirà a rendere Layne Staley una delle icone leggendarie della musica rock. Una mela marcia, Layne, ma di qualità eccelsa, che ha la fortuna di scacciare via la rabbia e la frustrazione attraverso la musica.

Una sera, mentre si trova in una sala prove di Seattle, il Music Bank, conosce Jerry Cantrell, un chitarrista cresciuto con la musica country che da qualche anno ha virato verso l’hard rock. Con il bassista Mike Starr e il batterista Sean Kinney ha messo su una band, i Diamond Lie. Quel giorno Layne e Jerry chiacchierano lungo, si confidano, diventano presto grandi amici. Poco dopo decidono addirittura di prendere insieme una stanza in affitto e la gran parte del loro tempo libero lo trascorrono insieme provando e suonando canzoni che senza saperlo faranno parte del repertorio dei futuri Alice in Chains. Infatti dopo aver sciolto le rispettive band, nel 1987 Jerry e Layne fondano gli Alice in Chains cui si uniscono gli ex Diamond Lie, Mike e Sean. L’intesa tra i quattro è perfetta, Layne possiede una voce roca e potente, quasi abissale. Jerry invece è uno dei migliori chitarristi su piazza. Gli ingredienti per sfondare ci sono tutti. Infatti nel 1989 firmano un contratto con la Columbia Records con cui realizzeranno tutti e  tre i loro album. Gli Alice in Chains conoscono improvvisamente il successo, champagne a fiumi, droga e denaro a volontà. Tutto va a gonfie vele fino a quando un giorno il padre di Layne, Philip, vede una foto di suo figlio su una rivista. Da quel momento fa di tutto per riprendere i contatti con lui. Gli dice che si è disintossicato e che da sei anni conduce una vita tranquilla. Che insomma finalmente è apposto. 

“Perché diavolo non sei tornato prima?” gli chiede Layne che all’inizio cerca di esser comprensivo. Il rapporto però cambia quando suo padre riprende a fare uso di droghe. E peggiora quando inizia ad accompagnarlo, dopo averlo indotto, sul sentiero oscuro dell’autodistruzione. Iniziano a farsi insieme, è per Layne la calata negli abissi. Scrive il requiem per il suo sogno. Quello di viversi finalmente la vita. C’era arrivato vicinissimo… Phil gli chiede spesso soldi, poi prende anche l’abitudine di andare a trovarlo tutti i giorni. E ovviamente non per affetto. Per Layne è una situazione insopportabile e deprimente. Del suo malumore comincia a risentirne anche la band. In quei giorni l’uso di eroina diviene sempre più elevato e frequente e Layne, provato fisicamente e psicologicamente fatica a reggere i ritmi della band non riuscendo neppure a esibirsi dal vivo. Per i due album Dirt del 1992 e Alice in Chains del 1995 non organizzano neanche una tournée.  Il cantante entra ed esce dalle cliniche per disintossicarsi ma mai completamente pulito. Butta soldi, cerca con tutte le sue forze di uscire dal vortice in cui è risucchiato ma non ci riesce. E il destino si sa, gioca brutti scherzi. Mentre il padre a un certo punto riesce a risalire dal fondo, Layne dopo aver combattuto invano si spegne a soli 35 anni, il 5 aprile del 2002. Otto anni dopo la morte di un’altra icona del grunge, Kurt Cobain. Layne Staley, che con la sua musica sperava anche di poter aiutare gli altri, durante la sua ultima intervista diffida i giovani dal tenere un comportamento simile al suo: “La droga che uso è come l’insulina di cui un diabetico ha bisogno per sopravvivere. Non uso le droghe per ‘sballarmi’ come pensa molta gente – sottolinea – e lo so di aver fatto un grave errore quando ho cominciato a usare questa merda. È un dolore insopportabile. È il peggior dolore del mondo. La droga distrugge tutto il corpo”.   

 Tra i vari eventi organizzati in memoria del cantante vi segnalo il Layne Staley Italian Tribute 2013, un benefit-show in onore del cantante degli Alice in Chains, che si terrà questa sera al Covo di Cadorago (CO), cui prenderanno parte anche ospiti internazionali come i The People Now, Mike Spine e Jonny Smokes, e i rappresentanti del grunge nostrano, gli SHAME e gli ALICE IN THE BOX. Tutti i proventi della serata saranno devoluti alla fondazione di Nancy McCallum, madre di Layne Staley, fondatrice del Layne Staley Memorial Fund presso il Therapeutic Health Services di Seattle che si occupa di attività di prevenzione e recupero dall’uso di sostanze stupefacenti e di sostegno a persone con problematiche psichiche e sociali.

Ulteriori dettagli sul sito www.alternative-grunge-crew.com/ e sulla pagina Facebook dell’evento.

 

 

 

 

 

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