A Milano la coca si brucia veloce. A Milano “la scaglia” quella buona monta come uno tsunami. “Anche tre tonnellate alla settimana”. Che poi se un chilo all’ingrosso va a 35/40mila euro, il jack pot dei trafficanti raggiunge cifre inimmaginabili. Oro bianco, fiumi di denaro e bande criminali che si dividono il territorio. Un esercito di boss, luogotenenti, soldati. Armati e senza scrupoli. Perché quando i patti saltano, si spara. Benvenuti a Milano. Nella città di Franchino Petrelli, pugliese, uomo della coca, manager criminale di spessore, arrestato nel 2008 e subito pentito. Uno che in quattro mesi ha fatto girare 32 milioni di euro, per un traffico di polvere da 190 chili ogni venti giorni. Ecco allora le sue parole, inedite, clamorose, devastanti, soprattutto per chi, oggi, si trova a governare l’ex capitale morale d’Italia.

Venticinque anni di carcere, poi la libertà, la strada, la paura. Per Franchino la vita riparte nel 2007. E riparte identica a prima: polvere e denaro. Stessa storia, stessi compari. “Un chilo ogni due settimane lo do via”. Petrelli ci metterà poco a capire che quei numeri sono ormai sorpassati. Oggi in città, un medio spacciatore all’ingrosso, un chilo lo rivende in due giorni anche meno. Come il Savino della Comasina che “prendeva due pacchi alla volta, pagava in battuta e poi magari ritornava il giorno dopo”. Insomma, riflette Franchino, “io all’inizio non pensavo che questo tipo di droga veniva bruciato così rapidamente, perché io ero rimasto ai tempi in cui la cocaina era un’altra cosa, cioè quello che teneva la piazza era l’eroina”. E così, Petrelli risale sulla giostra. Ma la giostra oggi gira veloce. Alla sua porta bussano in molti: boss, giovani ras di quartiere e vecchie conoscenze passate alle cronache come i pusher della Milano bene.

In batteria, il Franchino sta con il siciliano Paolo Salvaggio, broker della droga, tipo tosto che si rifornisce dai montenegrini (a loro volta vicini ai narcos colombiani) e tiene contatti con pezzi da novanta della ‘ndrangheta e della Sacra corona unita. Da una parte la cosca Papalia di Buccinasco, dall’altro la famiglia Magrini di Baggio legata al superboss di Bari Savinuccio Parisi.

In città la coca gira dentro a grossi borsoni, si vende e si acquista di mattina presto, ai tavoli dei bar lungo la circonvallazione. Milanesi di corsa al lavoro e trafficanti a contare mazzette di soldi. Chi li vede? Chi se ne accorge? “Loro – dice Petrelli – arrivavano con la moto davanti al bar, si beveva qualcosa, io gli davo le chiavi del mio scooter e prendevo il loro carico di 50 chili di cocaina”. Scambio veloce, serrato e frequente: cinque volte al giorno. Di roba ce n’è sempre. Chi chiede viene servito. Bastano poche ore, mica giorni. E la cocaina è la migliore. “Materiale al massimo livello che ha stampato sopra la stella di David”. Panetti “avvolti dentro a palloncini colorati”. Protetti da doppie guaine nero e marroni, e alla fine la stella. Per capire che quella è “scaglia buona”.

Il business corre per le strade. Chi vende accumula denaro contante. Stipato dentro anonimi appartamenti tra il centro e la periferia. Petrelli riferirà il racconto di Salvaggio dopo che il siciliano è andato a casa dei montenegrini. “Tu entri e ci sono montagne di soldi”. Mazzette in diverse pezzature. Banconote vecchie, passate di mano. In questo mondo si prende tutto e si conta fino all’ultimo centesimo. Racconta Petrelli. “In una sola volta ho maneggiato fino a un milione e trecentomila euro”. Per un po’ Franchino ha fatto anche il contabile di Salvaggio. “Io ho provato a contare i soldi con la macchinetta per quattro ore di fila. E lì dopo il soldo, la moneta non è più moneta, e subentrano dei meccanismi strani, come se fossero delle figurine”. Come le figurine, il denaro pesa. “Un milione di euro di vario taglio pesa circa 30 chili”.

Poi ci sono parole in codice e sbirri addomesticati dalla dipendenza. “Se dico vengo con un’amica, significa che porto un pacco. Ma se ti dico porta anche la troietta, allora la consegna raddoppia”. Facile no. E se, poi, le parole s’incastrano dentro alle intercettazioni delle procure, c’è sempre una soluzione: il poliziotto che se la canta senza tanti problemi. “Ecco cosa succede – spiega Petrelli – . Sto Luca è uno che da me prende un pacco alla settimana. E mi dice: Franco stai attento che tu sei controllato di brutto, hanno tutte le tue intercettazioni in diretta”. Tutto vero, naturalmente. Lo spione è uno sbirro che si rifornisce da questo Luca. Anzi due. “Poliziotti pipponi” che vanno a prendere fino a cinque pezzi (grammi) alla volta.

Fornitori e broker. Affari milionari e controllo del territorio. Sotto la Madonnina, la coca invade piazze e quartieri. Davanti ai magistrati, Franchino Petrelli ridisegna la geografia dello spaccio alla milanese. Ci sono ad esempio, i ragazzi di Baggio, molti giovani e alcuni anziani. In zona comandano i Magrini, pugliesi in contatto diretto con Salvaggio. “I Magrini – si legge in un’annotazione dell’indagine Parco sud – solitamente gravitano nel quartiere milanese di Baggio e sono assidui frequentatori di un esercizio pubblico sedente a Milano in via Bagarotti nr. 40”. Poco più in là, c’è San Siro e oltre, verso nord, il quartiere bunker Sant’Eusebio di Cinisello Balsamo.

La droga attraverso la città. Un fiume carsico fatto di storie invisibili, colpevolmente troppo lontane dall’opinione pubblica. Storie come quella dei fratelli Gjonku, albanesi di Durazzo fermati in via Palizzi vicino a viale Certosa. Gli agenti li seguono fino a qui da via Saponaro, dove i Gjonku hanno un appartamento. In auto nascondono un chilo di eroina e qualche migliaio di euro. La perquisizione svela il resto: dieci chili di eroina e oltre 180 di sostanza da taglio. Racconterà un agente: “Secondo un calcolo approssimativo fatto da noi al momento dell’arresto, con i sette panetti di eroina al 56% e la sostanza da taglio presente si sarebbero potuti ottenere 140-150 kg di eroina da strada (…) pari a decine e decine di migliaia di dosi”. Benvenuti a Milano.

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