Veleni e sospetti:la direzione nazionale del Pd che si terrà lunedì sera rischia di svolgersi in questo clima, mentre Pier Luigi Bersani l’aveva convocata per compattare il proprio partito a sostegno del proprio tentativo di formare il nuovo governo. L’oggetto del contendere è se si debba o meno prendere in considerazione uno scenario alternativo alla scommessa di Bersani, e soprattutto quel che si dovrebbe fare in caso di insuccesso. Il nervosismo ha raggiunto un livello così alto che in serata Matteo Renzi ha cercato di alleggerire il clima telefonando al segretario del Pd. 

A far esplodere la polemica che covava sotto la cenere ci aveva pensato uno dei fedelissimi del sindaco di Firenze: Graziano Delrio, primo cittadino di Reggio Emilia e presidente dell’Anci: se Bersani non ce la fa e “se il Capo dello Stato chiede un governo istituzionale del Presidente, Pd e Pdl non possono fare i capricci”, aveva detto a Repubblica. Certo, non si tratterebbe di dar vita a un esecutivo di larghe intese con una alleanza organica, quanto piuttosto a “un governo di scopo che duri cinque, sei o sette mesi, per approvare tre o quattro punti fondamentali”. Una formazione “guidata da una personalità terza, senza leader politici, ma sostenuto in Parlamento sia da Bersani, sia da Berlusconi, sia da Monti”.

A stretto giro di posta ha replicato Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana e fedelissimo del segretario, che ha stigmatizzato il fatto che si parli già del “Piano B“: “Tutto il Pd deve sostenere Bersani”. A suo giudizio un governo di scopo con il Pdl, magari a guida non politica, sarebbe “una scelta chiaramente suicida”, che “significherebbe condannare il Pd alla propria fine”. E più tardi si è sentita soprattutto la voce di Stefano Fassina. “E’ grave che, in ore decisive per la costruzione di un Governo, una parte del Pd intervenga per indebolire il tentativo del Presidente incaricato Bersani prospettando una possibile maggioranza con il PdL per un ‘Governo del Presidente’”. Fassina rivolta il ragionamento di Delrio e minaccia: “Indebolire il tentativo di Bersani vuol dire avvicinare le elezioni”, scenario che neanche i renziani “vorrebbero”. Fassina esplicita la linea del segretario, che come alternativa al suo schema vede solo il voto: “I cittadini italiani alle elezioni hanno chiesto inequivocabilmente cambiamento, sia sul terreno dell’etica pubblica sia sul terreno della politica economica. Un partito guidato da chi per venti anni ha praticato un uso proprietario e personalistico delle istituzioni e delle risorse pubbliche e ha portato l’Italia sull’orlo del baratro non può essere interlocutore di un governo di cambiamento. Oggi, senso di responsabilità vuol dire cambiamento”. E dunque, “qualunque compagine governativa, in qualunque forma presentata, sarebbe impossibilitata dal sostegno del Pdl a realizzare il cambiamento. Non sarebbe tanto un problema del Pd. Sarebbe un danno enorme per la residua credibilità delle istituzioni democratiche perché non si riuscirebbero a affrontare le emergenze politiche e economiche. Gli obiettivi di parte, di una parte del Pd, almeno in una fase cosi delicata, non dovrebbero essere anteposti all’interesse del Paese. Indebolire il tentativo di Bersani – conclude il responsabile economico del Pd – vuol dire avvicinare le elezioni”. “Lo sforzo compiuto in queste ore da Pier Luigi Bersani – aggiunge Francesco Boccia – per dare un governo al Paese non riguarda né se stesso né il Pd ma il futuro del Paese. Le parole pronunciate oggi dal presidente di Confindustria Squinzi lo confermano. Non c’è tempo da perdere, è vitale affrontare subito i problemi che attanagliano l’Italia e le sue imprese”.

Qualcuno tra i renziani, come Matteo Richetti, ironizza: “Nell’accusa di Fassina a chi sta sabotando Bersani chiaro riferimento a chi oggi ha mandato Stumpo dalla D’Urso“. Ma poi è Simona Bonafè che cerca di stemperare le asprezze: “E’ difficile, ma legittimo il tentativo di Bersani e speriamo vivamente che vada a buon fine. Prima è, meglio è per il Paese”. Poi però si lascia sfuggire di avere “qualche perplessità” su questo tentativo; e se esso “dovesse fallire allora tutto si rimanderebbe a Napolitano”. Ed ecco riapparire il fantasma di un governo del Presidente. Anche Dario Franceschini tenta subito di svelenire il clima: “Non c’è un dirigente, parlamentare o iscritto al Pd che non capisca che il tentativo di Bersani va sostenuto fino in fondo”, anche perchè “non esistono le condizioni politiche per un governo sostenuto insieme da noi e il Pdl. E dopo il comizio di ieri non ho nemmeno bisogno di spiegarne le ragioni”. 

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