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Libia, pronta la legge sull’isolamento politico. Giornalisti sotto attacco

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Martedì scorso una folla di facinorosi ha assaltato la sede del Congresso nazionale, il parlamento libico, per pretendere l’immediata promulgazione della legge sull’isolamento politico. Una volta approvata, la legge metterà al bando per 10 anni dalla vita politica chiunque abbia avuto un ruolo nelle istituzioni ai tempi di Gheddafi. Il presidente del Congresso nazionale, Mohammad Magarief, ha rischiato per la seconda volta di perdere la vita.

Giovedì, un’altra folla numerosa ha circondato e poi assalito la redazione di Al-Assema, un’emittente privata di Tripoli. Gli aggressori hanno sequestrato quattro persone: il proprietario diAl-Assema, Jumaa Al-Usta, l’ex direttore generale Nabil Al-Shibani e due giornalisti, Mohammad Al-Houni e Mahmoud Al-Sharkassi. I due giornalisti sono stati rilasciati dopo poche ore, Al-Usta e Shibani il giorno dopo.

Al-Assema si era permessa di organizzare e mandare in onda un dibattito sulla legge sull’isolamento politico.

Le autorità libiche si sono affrettate a condannare gli attacchi delle milizie. Amnesty International le ha sollecitate a garantire che parlamentari, giornalisti e opinione pubblica possano discutere, senza temere rappresaglie, di questioni di interesse generale, come evidentemente è la Legge in corso di approvazione. Finché, tuttavia, non sarà attuato un efficace programma di disarmo, smobilitazione e reintegrazione delle milizie armate, la libertà d’espressione in Libia sarà a rischio.

Nel suo attuale testo, la Legge sull’isolamento politico individua 36 categorie di persone direttamente responsabili della “corruzione della vita politica, economica, sociale e amministrativa” nella Libia di Gheddafi e stabilisce un divieto decennale di ricoprire cariche di responsabilità nelle istituzioni pubbliche.

Le categorie comprendono un po’ di tutto: da chi ha fatto parte del Consiglio del comando rivoluzionario a chi si è arricchito a spese del popolo fino a chi ha preso parte ad attività o produzioni scientifiche, accademiche, religiose, culturali, sociali che avevano lo scopo di glorificare Gheddafi e il suo regime.

Il testo della legge ha resistito a diversi tentativi di emendamento per restringere o allargare i criteri validi per l’esclusione.

Dopo 42 anni di regime repressivo, è certamente fondamentale ripristinare la fiducia della popolazione nelle istituzioni pubbliche. Che le autorità della “nuova Libia” ci stiano complessivamente riuscendo, è improbabile. Che possa riuscirci una legge che assomiglia a una purga politica e che rischia profondamente di violare i diritti umani, è ancora più improbabile.

Un conto è escludere da incarichi pubblici – ma anche e soprattutto processare e condannare –  coloro che si sono resi responsabili di violazioni dei diritti umani; un altro è estendere i criteri di esclusione a un punto tale da potervi far rientrare chiunque non si sia opposto a Gheddafi, oltretutto in assenza di qualsiasi procedura di revisione che permetterebbe di ricorrere in appello contro il bando.

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