Chissà che cosa c’è, veramente, dietro la decisione del governo Rajoy di concedere la nazionalità spagnola a tutti i discendenti degli ebrei sefarditi espulsi dai Reyes Católicos nel XV secolo. I maligni sospettano un mero interesse economico, più che un ravvedimento, una riparazione a scoppio ultra-ritardato. Con il paese in piena recessione, afflitto da un tasso di disoccupazione al 26%, c’è chi spera forse nell’immissione di forze imprenditoriali fresche, capaci di rianimare il tessuto produttivo iberico. Ma non è detto che un’eventuale contro-diaspora possa generare tale effetto. La loro cacciata nel 1492 produsse, quella sì, conseguenze disastrose sulle finanze, perché tra i 100mila sefarditi costretti a lasciare la penisola c’erano fior di banchieri, gioiellieri, commercianti tessili. Tanto che, nell’Impero Ottomano, furono ben felici di accoglierli.

A 520 anni di distanza, è difficile che l’auspicato ritorno possa avere effetti altrettanto miracolosi. Con l’annuncio, 3 mesi fa, della riforma legislativa (non ancora entrata in vigore) che prevede la concessione del passaporto spagnolo a chiunque “dimostri la propria condizione di sefardita con un certificato della Federazione delle comunità ebraiche”, il ministro della Giustizia Alberto Rúiz Gallardón disse che la misura poteva presumibilmente interessare a circa 250mila persone, attualmente residenti tra Israele, Usa, Venezuela, Messico, Canada, Turchia, Argentina, Uruguay e Colombia. Ma, sinora, sono appena 6mila le richiesta presentate alle autorità spagnole. Forse perché non è ancor chiaro se, nella stesura definitiva della legge, sarà prevista come annunciato la possibilità di mantenere la doppia nazionalità. In caso contrario, sarebbero in parecchi a rinunciare in partenza.

E poi, tramontato ormai il tempo in cui la Spagna era considerata un’ambita meta di immigrazione, non sembra più che un legame sentimentale, culturale e linguistico possa funzionare da richiamo per chi è al corrente delle enormi difficoltà economiche della Spagna. Restano, comunque, almeno due possibili eccezioni. Una è la Turchia. Dal momento dell’ascesa al potere degli islamici moderati di Erdogan, sono parecchi i sefarditi che hanno lasciato il paese per il timore dell’antisemitismo. L’altra è rappresentata dal Venezuela, dove negli ultimi anni si sono moltiplicate le azioni contro gli ebrei. Resta da vedere se, scomparso Chávez, cambierà qualcosa.

Il Fatto Quotidiano, 7 Marzo 2013

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