“Un percorso chiaro verso la cittadinanza”. E’ quello che Barack Obama ha chiesto per circa 11 milioni di immigrati che vivono senza documenti negli Stati Uniti. Parlando da una scuola media di Las Vegas, Obama ha spiegato che è ora di “usare il buon senso” per arrivare a un’organica riforma dell’immigrazione negli Usa. Il presidente ha elogiato il gruppo di senatori democratici e repubblicani che lunedì hanno presentato un piano di riforma – “è molto vicino al mio”, ha spiegato – ma ha anche avvertito che, senza un accordo, invierà al Congresso il suo progetto, “per un voto, pro o contro”.

Non è un caso che Obama abbia scelto proprio Las Vegas per parlare di immigrazione. In Nevada, alle presidenziali 2012, il candidato democratico ha battuto lo sfidante Mitt Romney per ben sei punti, nonostante lo Stato stia sperimentando una tra le più gravi crisi economiche della sua storia. La ragione della vittoria, hanno rivelato molte analisi post-elettorali, sta proprio nella numerosa comunità ispanica del Nevada – circa il 27% della popolazione totale – che ha votato in modo massiccio per Obama e che oggi aspetta una riforma che, finalmente, offra uno status certo ai milioni di immigrati che da anni vivono, studiano, lavorano negli Stati Uniti.

“Molti americani sono d’accordo nel ritenere che è necessario aggiustare un sistema che è rotto da troppo tempo”, ha spiegato Obama, alludendo ai tanti tentativi di arrivare a una riforma nel passato – l’ultimo, sponsorizzato da George W. Bush nel 2007, naufragò disastrosamente al Senato. “La buona notizia – ha detto Obama a Las Vegas – è che invece oggi, dopo molti anni, democratici e repubblicani sembrano pronti ad affrontare questo problema insieme”.

A far cambiare idea a molti repubblicani, fino a qualche mese fa strenui difensori di regole ferree per limitare l’immigrazione, pronti ad alzare muri lungo il confine meridionale e a chiedere, come fece Romney, l’“autodeportazione” dei migranti, sono state proprio le ultime elezioni. I travolgenti cambiamenti demografici in corso negli Stati Uniti, la crescita di una ormai sempre più influente comunità ispanica, lo spostamento di molti migranti verso le tradizionali roccaforti repubblicane del Sud e del Centro, hanno favorito i democratici di Obama e rischiano di rivoluzionare la geografia politica americana per i prossimi decenni. In altre parole, se non cambiano atteggiamento verso le comunità di immigrati, se non depongono un atteggiamento di rigida chiusura e si mostrano più aperti e inclusivi, i repubblicani sono destinati a nuove sconfitte e a diventare un partito sempre meno influente e rappresentativo.

Il rischio è stato chiaramente avvertito dagli esponenti repubblicani più sensibili al tema, come Marco Rubio, senatore della Florida di origini cubane, probabile candidato alle presidenziali 2016, che con sette colleghi, democratici e repubblicani, ha presentato lunedì un piano di riforma del sistema che comincerà il suo iter parlamentare il prossimo 13 febbraio. Il progetto di Obama si avvicina in molti punti proprio a quello di Rubio e compagni. Il “percorso” proposto dal presidente prevede un’iniziale registrazione per gli immigrati illegali, che dovranno fornire i loro dati biometrici e dimostrare di non avere precedenti con la legge o pendenze giudiziarie. Una prova d’inglese precederà la richiesta dello status di “cittadino permanente”, il passo che viene subito prima della concessione della cittadinanza.

“Questo significa che non sarà un processo veloce, ma sarà un processo giusto per strappare questi uomini e donne all’ombra e dargli una possibilità”, ha detto Obama, che ha poi aggiunto che una riforma organica dell’immigrazione dovrà anche includere norme per rafforzare la sicurezza ai confini e per punire quelle imprese e imprenditori che offrono lavoro agli illegali, spesso con condizioni di lavoro e salari ben più precari rispetto a quelli proposti ai lavoratori in regola.

Obama ha comunque mostrato di sapere molto bene che il passaggio della riforma non è certo e che “più ci avviciniamo al traguardo, più il dibattito si farà passionale”. Molti repubblicani, soprattutto nei distretti elettorali più conservatori, sono infatti pronti a scatenare una strenua battaglia contro quella che molti loro elettori potrebbero considerare una sostanziale “amnistia”. Lo scontro appare certo anche perché due punti importanti dividono Obama dai repubblicani. Il presidente non sembra intenzionato a subordinare la concessione della cittadinanza al rafforzamento dei controlli alle frontiere – misura che invece i repubblicani considerano prioritaria. Di più. La Casa Bianca ha già annunciato di voler estendere il visto anche ai partner dello stesso sesso di cittadini americani e residenti, come già avviene per le coppie eterosessuali. Anche su questo i repubblicani si sono detti in disaccordo.

Un altro punto significativo del pacchetto di Obama – che verrà inviato al Congresso per essere votato, nel caso deputati e senatori non si mettessero d’accordo – riguarda le discipline scientifiche. L’amministrazione Usa prevede di concedere la carta verde a tutti quegli stranieri che hanno preso un master o un dottorato nei settori delle scienze, delle tecnologie, dell’ingegneria e della matematica nelle università americane, e che sono stati in grado di trovarsi un lavoro. Questo per soddisfare una delle esigenze più volte segnalata da Obama, anche nel recente discorso di inaugurazione del secondo mandato. E cioè favorire lo sviluppo di sempre maggiori competenze e saperi scientifici negli Stati Uniti.

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