Cominciamo dai numeri, che qualche volta sanno sintetizzare il senso delle cose: a fronte di un Festival del cinema di Roma che quest’anno ha perso spettatori e pubblico (15 per cento in meno l’incasso rispetto all’anno scorso), il Torino Film Festival, che si chiude stasera, registra una crescita ancor più impressionante in periodo di crisi e di crollo generale delle affluenze in Italia: più 17,8 per cento il pubblico, più 16,2 per cento gli incassi: sarà un caso, ma l’omologia di dati a segni invertiti dice che una fetta di pubblico romano ha preso il treno one way per Torino. E questo si vede anche plasticamente entrando in quasi tutte le proiezioni: code, difficoltà per trovare un posto, perfino qualche nervosismo di spettatori non ammessi. E’ come se questa bella e non del tutto attesa folla volesse urlare la propria rabbia per un sistema di distribuzione che non lascia spazio alla differenza, alla complessità, alla non omologazione che invece si vivono e respirano a Torino.

In quest’anno di celebrazione del trentesimo anniversario (che, sia detto per inciso, chiude l’ottima gestione Amelio lasciando un po’ di amaro per il modo forse poco elegante con cui è stato gestito il passaggio di mano), il TFF manda insomma un segnale chiaro e forte: un altro cinema è possibile.

E’ possibile portare per esempio tanto pubblico a vedere un bellissimo film indiano lontano da Bollywood, come I. D. (dove l’acronimo sta per Carta d’identità) del keralese Kamal K. M., sorta di viaggio agli inferi compiuto da una giovane donna della Mumbai borghese alla ricerca dell’identità di un povero operaio morto mentre le imbiancava l’appartamento: il film, carico di suggestività visiva dominata dal grigio di una città dove il sole non sembra splendere mai, oppone quasi pasolinianamente la città verticale (sarà questo il principale carattere delle nuove città smart che avanzano?) e affluente dove vive la ragazza alla città orizzontale dei miserabili slums di periferia dove lei stessa finisce nella sua vana ricerca delle radici di quel morto. E quel viaggio fa emergere un’umanità derelitta e anonima raramente inquadrata dal cinema.

In questa ricerca di senso delle cose attraverso le immagini il cinema italiano ha decisamente perso smalto rispetto alle sue grandi stagioni: era questo in fondo il percorso della ricerca neorealista (e I.D. sembra richiamare certi passaggi di Ladri di biciclette), e poi della commedia italiana. Un percorso che – come ha osservato Ettore Scola, ospite speciale del Festival – era animato da un grande amore per il Paese di cui gli autori raccontavano fatti e misfatti. Oggi è difficile amare questa Italia, ma questa difficoltà induce un ripiegamento nell’autobiografismo che è forse la maggior debolezza del cinema italiano odierno. E tuttavia, visto da Torino, il cinema italiano non sembra così povero di idee: non lo è per esempio Su re di Giovanni Columbu, asciutta e singolare rivisitazione ambientata nel Supramonte barbaricino e recitata in dialetto sardo della Passione e morte di Cristo raccontata dai Vangeli.

Diversi sono comunque i segni di un altro cinema possibile: intanto la visione sempre complessa e spesso sospesa di destini e percorsi umani difficili e contraddittori (cfr. per esempio l’anglo-irlandese Shadow Dancer di James Marsh, che racconta una vicenda di terrorismo segnato da venature familiari); e poi i budget con cui i film si fanno, che non sono sempre stratosfericamente hollywoodiani e che tuttavia permettono spesso buoni risultati. Un buon risultato è per esempio quello del film francese L’étoile du jour di Sophie Blondy, piccola storia di un circo di provincia attendato in riva a un mare desertico, film duro e a suo modo poetico nel suo raffigurare il contrasto tra il microcosmo circense denso di umori e lo spazio infinito, che sterilizza quei contrasti abbracciandoli.

Forse quella visione del circo perduto in mezzo alla spiaggia sul mare e al cielo, quasi una zattera di vita in transito, è la metafora di un cinema altro che può ancora trovare un pubblico infinito che lo abbraccia, se solo lo sa cercare.

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