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Imu al no profit, fissate le regole. Le scuole cattoliche: “Chiuderemo tutte”

Pubblicate in Gazzetta ufficiale le disposizioni del ministero dell'Economia: devono pagare l'imposta sugli immobili tutte le attività che producono redditi "non simbolici", comprese strutture sanitarie e alberghi. Insorge l'associazione degli istituti religiosi, perplessità anche nel Pd
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Niente Imu per le attività assistenziali e sanitarie se svolte gratis o dietro versamento di un importo ‘simbolico’, comunque non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività nel territorio. Le scuole paritarie non pagano l’imposta sugli immobili se l’attività è svolta a titolo gratuito o se il “corrispettivo simbolico è tale da coprire solo una frazione del costo del servizio, tenuto conto dell’assenza di relazione con lo stesso”. Lo prevede il regolamento del Tesoro sull’Imu a carico delle attività commerciali degli enti no profit, pubblicato in Gazzetta ufficiale, che definisce una materia oggetto di forti polemiche legate soprattutto alla tassazione degli immobili ecclesiastici.

Gli stessi paletti sono previsti per le attività ricettive, quindi gli alberghi, gestite dal mondo del no profit. In caso di immobili “misti”, dove si svolgono contemporaneamente attività profit e no profit, il regolamento prevede che il pagamento sia “proporzionale” in base allo spazio, al numero dei soggetti e al tempo di utilizzo. Restano comunque esenti dall’imposta le strutture sanitarie accreditate con il sistema pubblico.

Entro il 31 dicembre 2012 gli enti non commerciali che vogliono l’esenzione dall’Imu “devono predisporre o adeguare il proprio statuto“, prevede ancora il decreto del ministero dell’Economia. Il nuovo statuto dovrà prevedere: il divieto di distribuire anche in modo indiretto utili; l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili per scopi istituzionali di solidarietà sociale; l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale in caso di suo scioglimento a altro ente non commerciale.

“Nessuna scuola è gratuita, i docenti chi li paga? Con quali soldi?”, protesta ai microfoni della Radio Vaticana il presidente dell’Associazione Gestori Istituti Dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica, padre Francesco Ciccimarra. Secondo il quale il criterio dovrebbe essere la produzione o meno di utili. “Tutte le scuole cattoliche – sottolinea padre Ciccimarra – sono in fallimento, le chiuderemo in un anno, licenzieremo 200 mila persone, così tutti quanti saranno contenti”. Secondo il presidente dell’Agidae, anche se “il Governo ha avocato a sé questo problema”, ciò non è sufficiente a tranquillizzare la situazione. “Una cosa così – dice – ci distrugge tutti. Io giro l’Italia per fare contratti di solidarietà, con riduzioni dello stipendio del 25 per cento. Questa sarà la fine delle opere cattoliche in Italia”. 

Sia pure con toni meno perentori, neppure il Pd, partito collegato a un vasto arcipelago di associazionismo, accoglie con entusiasmo le nuove regole: ”Ci auguriamo che si sia privilegiata la salvaguardia del nostro patrimonio sociale anziché regole economicistiche che finirebbero per produrre costi sociali più alti”, afferma la responsabile Welfare del partito Cecilia Carmassi. “Siamo consapevoli che molta parte del terzo settore – dice – rischia di essere messo in crisi da un costo ulteriore ed insostenibile su attività che, giova ricordarlo, non producono arricchimento per chi le fa, ma rendono migliore le nostre comunità offrendo opportunità di aggregazione e relazioni che sono il primo fattore di salute delle persone”.

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