Forse sarebbe sufficiente un nuovo film e la partecipazione ad un festival di richiamo per dare nuovo corso alla carriera del polacco Andrzej Żuławski. Proprio com’è accaduto per il connazionale Jerzy Skolimowski, la cui presenza a Venezia 67 con l’ottimo Essential Killing risvegliò un interesse cui hanno fatto seguito retrospettive, incontri, nuove edizioni in dvd dei suoi titoli. Ma Żuławski, settantadue anni domani e ancora nessun nuovo progetto in vista, è un oggetto ancora più estraneo e imprendibile del pur affine regista di L’australiano.
Martoriato dalla censura, incompreso da gran parte della critica, tenuto a distanza dai produttori, ha raccontato di amori folli e di possessioni, attraverso Dostoevskij (L’amour Braque – Amore balordo) e Madame de La Fayette (La fidélité), finendo con lo sviluppare – dal primo periodo polacco al secondo francese – un corpo d’opera tanto estremo quanto sconosciuto. Tra linguaggi sciamanici e riflussi surrealisti, ha anticipato molto cinema a venire (le connessioni tra Possession e il David Lynch più ispirato sono innegabili), rimanendo sempre a margine, anche quando ha diretto l’ex-moglie Sophie Marceau, ancora fresca del successo di Il tempo delle mele.
Il suo sguardo, gelido o isterico, si posa sui sentimenti, restituendoceli estremizzati, asciugati da qualsiasi sospetto di verità, in un’esagerazione che può suscitare le reazioni più disparate nello spettatore. Non c’è nulla di realistico nei film di questo cineasta-scrittore nato da una famiglia dalle grandi tradizioni letterarie, nulla che abbia a che fare con l’oggettivo; a dirlo è lui stesso: “[…] quello che temo di più sono le mezze verosimiglianze. Questo tentativo assurdo di provare a sembrare più vero della natura stessa al cinema. Penso che sia impossibile. Perché la verità non si può imitare. Già il fatto che lo schermo non abbia odori fa che non possa essere vero” (“Starfix”, n. 25, marzo 1985).
Non di rado notizie di un ritorno dietro alla macchina da presa sono rimbalzate in rete, ma dal 2000, l’anno di La fidélité, quel cinema capace di alimentare conflitti e seduzioni, proprio di un pugno di artisti per natura al di fuori del coro, aspetta uno dei suoi più sorprendenti interpreti.
Resta in contatto con la community de Il Fatto Quotidiano
Accedi o registrati per partecipare alla discussione
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
In Edicola
Quest'articolo è riservato agli abbonati Partner
Abbonati a Il Fatto Quotidiano:per te c'è un'offerta annuale a soli 99,99€ (tutti i contenuti digitali del quotidiano + sito) oppure diventa Sostenitore (tutti i contenuti del sito + alcuni articoli del quotidiano in regalo)
Digital
Partner
Sfoglia ogni giorno i contenuti di FQ IN EDICOLA sul tuo pc e sulla nuova app.