Straccia ‘e carn”, “Spiezz’ ‘o cuoll”, “Magnat’ ‘o nas’”, “Tiraci ‘e pall”, “Magnatill, magnatill a stu’ curnut’”. Le grida – in stretto dialetto – si levano da un vialone deserto e buio del quartiere Scampia, Napoli, Italia, Europa, anno 2012. Al centro di un ring delineato da un recinto di transenne si affrontano due “cani armati”, educati e allevati con le regole della camorra.

Ringhiano e abbaiano, sputano saliva e sangue. Fanno impressione. Le mascelle sono come tenaglie. A colpi di morsi possono spezzare perfino un tronco, spaccare un mattone, distruggere una portiera di un’auto. Sembrano indiavolati. Gli allenamenti li fanno impazzire. A volte l’animale non regge, muore. Fin da cuccioli sono costretti ad addentare una camera d’aria di un pneumatico. Il muso è legato con una corda. Sollevati ad un’altezza di tre metri, restano penzoloni anche per 12 ore di fila. Guaiscono dal dolore, sanguinano e perdono il controllo degli sfinteri. Una volta liberati vomitano sangue e succhi gastrici, svengono. La mattina seguente scatta il controllo per accertare chi è sopravvissuto. Quando la massa muscolare è cresciuta, si passa a rafforzare l’articolazione. Si fissa il collare a bracci metallici ancorati ad una ruota mobile. Gli animali si rincorrono facendo girare il marchingegno artigianale. Ognuno deve seguire il cane che lo precede. Dopo un paio di settimane, la ruota viene piombata con dei pesi : il fine è far aumentare la resistenza allo sforzo. L’animale deve muoversi. Motivo questo che più volte al giorno il cane viene legato con il guinzaglio al paraurti dell’auto oppure è stretto tra le mani del passeggero di uno scooter.

Le “passeggiate a trotto” sono massacranti: anche cinquanta chilometri. Una volta che l’animale si è potenziato fisicamente, lo si sevizia. Punteruoli arroventati nelle carni, cinghiate, randellate, bruciature di sigarette, olio bollente sulle zampe: deve diventare rabbioso, impazzito, violento. L’ultimo step è l’addestramento con il sangue. Il cane deve mordere e uccidere. Le gallina, i gatti, i conigli vengono sbranati, mangiati vivi, fatti a pezzi. Il sangue caldo deve finire nella gola. Li tengono segregati al buio in gabbie-box e prima dell’incontro, li dopano. Questi animali diventano pistole con il colpo in canna. I soprannomi sono quasi sempre gli stessi: ‘o killer, o’ nirone, ‘o bandito, ‘o bastardo, a’ puttana, o’ bucchino. I combattimenti avvengono di notte. E’ come un rito interno al clan.

Una volta un pregiudicato mi disse: “Con i combattimenti si evitano faide, scissioni e vendette”. I camorristi appianano le divergenze e trovano “soddisfazione” facendo ammazzare i cani tra loro. L’animale perdente, rantolante e a brandelli, viene finito dal suo “padrone” con la pistola sparachiodi -quella utilizzata per abbattere bovini e maiali- dopo però averlo insultato e sputato addosso. I combattimenti sono soprattutto un business. Le scommesse sono a molti zeri. I soldi da puntare sono liquidi. Chi vince non prende tutto, solo il 40 %. La quota restante va nelle casse del clan alla voce: familiari dei detenuti. Pochi giorni fa, la conferma. Nel corso di un blitz al lotto “G” di via Labriola a Scampìa la polizia ha scoperto a poca distanza dalle statue della Madonna e di Padre Pio delle gabbie-lager dove erano segregati gli animali. In un recinto – dove spesso avvenivano i combattimenti – sono stati ritrovati otto cani: tre rottweiler, due pitbull, un doberman e due bull mastiff. Provo anch’io lo stesso schifo, disgusto e pena per poveri animali trasformati in killer.

Che colpa ha il migliore amico dell’uomo? Nessuna. Il loro torto è aver incontrato gente da quattro soldi che dovrebbe marcire in una cella d’isolamento a vita. Ce l’ho troppo con queste merde di boss, affiliati e vedette. Una gramigna malefica che cresce dappertutto. Un buco nero di ignoranza, violenza e cultura della morte. Un tsunami di prepotenza, vigliaccheria, sbruffoneria. Quando finiscono con i ferri ai polsi, li vedi piangere e salutare imploranti con baci a moglie, figli, parenti e amici. E’ la solita sceneggiata. In carcere poi promettono un giorno si e anche l’altro di cambiare vita, di seguire la legalità, di vivere solo per i figli. Bugie, solite. Escono, se escono e fanno peggio di prima. Generazioni perse. Una vergogna di napoletani. Andrebbero cancellati all’istante con un click di mouse. Non hanno diritto a niente. Cosa c’entrano loro con gli umani e gli animali? Non accade solo a Scampià, purtroppo.

In un recente rapporto della Lav si stima che in generale sono circa 5 mila gli animali coinvolti, per un giro d’affari che supera i 300 milioni di euro all’anno. Questi i numeri delle scommesse legate ai combattimenti clandestini tra cani in Italia. Un affare che non conosce barriere regionali e che, spesso, coinvolge la criminalità. La Legge 189 del 2004, ha istituto l‘articolo 544 del Codice penale che prevede la reclusione da uno a tre anni e la multa da 50 mila a 160 mila euro per chi “promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica”. La pena è aumentata da un terzo alla metà se tali attività sono compiute in concorso con minori o da persone armate; se sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni; se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.     

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