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Caro Grillo, la tv è un problema da affrontare

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Una rubrica di 2400 battute su Grillo e la sua guerra contro le televisioni ha provocato una pioggia di reazioni che mai avrei immaginato: alcune amichevoli, altre da meditare, altre più
superficiali e altre ostili. Ma tutte accettabili in nome di una sana dialettica. Sento quindi il dovere (e anche il piacere) di chiarire alcuni punti.

Primo. Immaginare di fare a meno ‘della televisione’ in quanto covo esclusivo di gentaglia, esibizionisti, servi, giornalisti prezzolati, falsari, padroni del vapore è un atteggiamento da una parte infantile e, dall’altra, pericoloso. Ma, soprattutto, è ingenuo. Forse qualche seguace del movimento “5 Stelle” può seriamente pensare che – vinte le elezioni – si possano occupare le sedi di Rai e Mediaset, svuotarle e buttare le chiavi, tanto la tv è un orpello dannoso, non paragonabile con le verdi praterie del web, luogo magico della democrazia avanzata? E’ una prospettiva che richiama alla mente tempi passati e molto oscuri.

Secondo. Non potendo dare fuoco ai palazzi, resta il fatto che la televisione italiana è un baraccone asmatico, fabbrica del consenso, del conformismo, del pessimo giornalismo. Ogni
sforzo di far emergere un David Letterman italiano è miseramente fallito. Molti hanno ricordato l’editto contro Enzo Biagi: quante voci si levarono in sua difesa? La testa di Biagi non bastò a svegliare le “opposizioni” di allora: le lagne e i lamenti servirono solo per coprire l’indistruttibile sistema della lottizzazione, delle raccomandazioni, dei padrinati.

Terzo. Grillo ha ragione a non farsi intrappolare in questo metodo, ma ha torto quando pensa di poter fare a meno dell’esposizione televisiva. Sfidarla e rispondere in maniera intelligente a una domanda idiota è una prova ardua, più ardua che rispondere in maniera intelligente a una domanda intelligente. La televisione va sfidata dal “nuovo” che avanza (e Grillo è un “nuovo” in ogni senso), oppure perpetuerà se stessa e le caste che succederanno alle caste, inventandosi di volta in volta i Capezzoni, i Bricoli, i Gasparri, i Trota, le Bernini e persino le transeunti Fornero.

Grillo può chiedere – pretendere – voti e consenso solo affrontando questa realtà, non rifugiandosi negli slogan. E solo presentando voci e volti di coloro ai quali dovrebbe essere delegato il potere democratico dei prossimi anni, può allargare i consensi. Puntare alla conquista delle istituzioni a volto coperto non è una buona scelta.

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