Io delle volte mi fermo da una parte in un parco ad ascoltare la lingua dei bambini e ogni volta dico: “Che lingua meravigliosa!”. Perché quella dei bambini è una lingua come un vulcano, un magma che ribollisce, che mi ricorda il cosiddetto grammelot, ossia quella parola senza significato che Dario Fo, nel suo Manuale minimo dell’attore (Einaudi, 1997), definisce “papocchio di suoni che riescono egualmente a evocare il senso del discorso”. Un bel papocchio senza futuro, nel senso che quella lingua meravigliosa è destinata ad aggiustarsi col passare del tempo, a uniformarsi alla lingua codificata, e quindi a scomparire.

Mio figlio, per esempio, che ha due anni e pochi mesi, pronuncia la parola “albero” così: Alblo. Dalla prima volta che l’ha pronunciata in questo modo ho pensato che sarebbe molto più bello se gli alberi si chiamassero albli, perché il suono che scaturisce all’incrocio delle tre consonanti “l”, “b,” e di nuovo “l” è sommamente delizioso, un’armonia per il palato. Penso a che sarebbero quei versi della Commedia di Dante, “In questa quinta soglia / de l’albero che vive de la cima / e frutta sempre e mai non perde foglia”, se l’albero (che poi per Dante altro non è che il paradiso) divenisse “L’alblo che vive de la cima”.

Ciò che voglio dire è che spesso quel che all’ascolto ci suona incomprensibile, esercita comunque su di noi un potere angelico, come una carezza. La comprensione diretta non sempre è necessaria. Così la prima volta che mio figlio ha pronunciato alblo io non ho subito compreso che si riferisse all’albero, ma il suo suono zuccherino mi ha conquistato al di là del suo significato. Ho cercato di immaginare allora come sarebbe una storia scritta in quella pre-lingua, in quell’idioma del tutto personale ed effimero, e ho pensato che non sarebbe tanto importante il fatto che una storia scritta così la capirebbe soltanto lui, mio figlio, ossia l’inventore di quella lingua, perché una storia di questo genere sarebbe comunque un bellissimo papocchio per magnifici tonti.

Ecco, a proposito di storie per ragazzi, lingue incomprensibili e magnifici tonti, c’è una cosa che voglio segnalare e che succederà fra qualche giorno in quel di Cagliari. È la settima edizione del Festival di letteratura per ragazzi organizzato dalla libreria Tuttestorie che quest’anno, appunto, ha per tema l’incomprensibile (il titolo del festival è proprio L’incomprensibile – Racconti, visioni e libri per tonti magnifici). Tra i tanti ospiti che si alterneranno dal 4 al 10 ottobre – copio e incollo dal comunicato stampa – ci saranno gli scrittori Marie-Aude Murail, Annabel Pitcher, Aquilino, Irène Cohen-Janca, Ceci Jenkinson, Perrine Ledan, Giovanna Zoboli, Alessandro Gatti, Fabrizio Silei e Alberto Melis, la parlamentare europea Rita Borsellino, il giornalista Marino Sinibaldi, il poeta Giuliano Scabia, l’animatrice scientifica Delphine Grinberg, gli illustratori Alessandro Sanna, Simone Frasca, Madalena Matoso, Lotte Braüning e Pia Valentinis, il musicista Paolo Fresu, i performer Elisa Fontana, Ljud Company e Takla, lo psichiatra Peppe Dell’acqua, la cantautrice Rossella Faa, l’attore Giancarlo Biffi, il fotografo Massimiliano Tappari. Qui c’è tutto quello che si deve sapere sugli incontri, i laboratori, le location e le iniziative in programma.

Insomma, se siete attratti dal tema dell’incomprensibile, se siete amanti della letteratura per ragazzi, o se semplicemente, come me, ogni tanto pensate a quella storia non-scritta nella non-lingua degli albli, questo è un appuntamento che non potete mancare.

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