In Francia ha investito negli alberghi di lusso, nei gruppi più strategici, perfino nel calcio (è di sua proprietà il Paris Saint-Germain). A sorpresa, l’emiro Hamad ben Khalifa Al-Thani, padrone del minuscolo ma ricchissimo Qatar, finanzierà perfino progetti nelle periferie in difficoltà. Con l’arrivo al potere della sinistra, nella persona di François Hollande, in tanti avevano pensato che la stella del Qatar all’Eliseo sarebbe tramontata. E’ vero che la presenza francese nello Stato del Golfo Persico cominciò a rafforzarsi all’inizio degli anni Ottanta, ai tempi di un altro Presidente socialista, François Mitterrand. Da allora il 90% delle forniture militari al Qatar è assicurato, appunto, da Parigi. Ma è con Sarkozy che l’emiro è diventato davvero di casa a Parigi. L’ex presidente, che lo ha utilizzato pure come consigliere nelle crisi politiche del mondo arabo, dalla Libia alla Siria, ha favorito Al-Thani in ogni modo, addirittura con un regime speciale ad hoc per i cittadini dell’emirato, che li esenta dalle imposte sulle plusvalenze immobiliari. E’ così che il fondo sovrano del Qatar ha comprato e venduto senza problemi immobili nella ville lumière.

Pur avendo appena un milione e 760mila abitanti, questo Paese, che è grande quanto la Corsica, ha un patrimonio stimato a 540 miliardi di euro. Grazie a immensi giacimenti di gas, il suo fondo sovrano ha una liquidità invidiabile. E investe fra i 15 e i 25 miliardi all’anno in giro per il mondo: quasi uno finisce in genere proprio in Francia. Lì hanno comprato di tutto, diventando addirittura azionisti di riferimento di Lagardère, uno dei principali gruppi privati francesi, che a sua volta dispone di una quota del 7,5% in Eads, colosso del sensibilissimo settore della difesa. Per il resto, le proprietà del Qatar in Francia sono le più diverse, dal Royal Monceau (uno degli hotel di lusso più esclusivi a Parigi, decorato da Philippe Starck) al mitico Paris Saint-Germain (gli emiri hanno speso in un anno 217 milioni di euro per ingaggiare 15 nuovi campioni: cose mai viste in Francia), passando per due canali tv sportivi (il Qatar organizzerà i Mondiali di calcio nel 2022 e anche lì sono in lizza diverse aziende francesi per la costruzione di infrastrutture e progetti di ogni tipo).

Una volta sconfitto Sarkozy, si pensava, il vento sarebbe cambiato. Ma, si sa, i soldi sono soldi. E non puzzano per nessuno. Sapete qual è il Paese i cui rappresentanti sono stati accolti più volte da Hollande a partire dal suo arrivo all’Eliseo? Si potrebbe immaginare la Germania o l’Italia, vista l’urgenza della crisi dell’euro. E invece no: è il Qatar. L’emiro in persona è stato ricevuto in pompa magna dal neopresidente, poco dopo l’arrivo al potere. E in seguito Hollande ha incontrato, in tutta discrezione, anche il primo ministro, Hamad ben Jassem al Thani. Al centro del dibattito una spinosa questione, l’intenzione dell’emiro di finanziare progetti nelle più malconce periferie di Parigi e delle altre principali città del Paese. Tutto era iniziato nel novembre 2011, quando un gruppo di amministratori locali, riuniti nell’Aneld (Association nationale des élus locaux pour la diversité), capitanata da Kamel Hamza, consigliere minicipale (dell’Ump, il partito di Sarkozy) a La Corneuve, nell’agglomerato parigino, partì alla volta del Qatar a domandare fondi per le periferie socialmente più emarginate. Insomma, delusi dall’inazione della Francia, perché non chiedere soccorso al Paperone del Qatar, tanto più che nei quartieri interessati una grossa parte della popolazione è di religione musulmana.

E dal Qatar era subito arrivata una reazione positiva. Ma a Parigi, allora in piena campagna elettorale per le presidenziali, era scoppiato il putiferio contro quella sorta di colonizzazione delle politiche sociali nazionali. Marine Le Pen, zarina dell’estrema destra, aveva addirittura puntato il dito contro il Qatar e la sua politica di islamizzazione della Francia… Non se ne era più saputo nulla. Finché nei giorni scorsi Arnaud Montebourg, ministro del Risanamento produttivo, in accordo con Hollande, che ha negoziato con l’emiro e il suo primo ministro, ha annunciato che è stato trovato un accordo. All’inizio si doveva trattare di 50 miliardi di euro sborsati interamente dal fondo sovrano del Qatar per le periferie. Ora, invece, il piano è stato modificato per renderelo più “francese” e in un certo senso accettabile: ai 50 miliardi dell’emiro se ne aggiungeranno altri 50 forniti sia dallo Stato che da privati francesi. Verranno finanziati progetti di piccoli e medi imprenditori, ma non solo nelle periferie, bensì in tutti “i territori diseredati”, comprese le aree rurali più marginali, dove l’immigrazione araba non è mai stata troppo forte. Tanto per evitare i fulmini della Le Pen…

Le polemiche, comunque, anche stavolta non sono mancate. Il Qatar non è proprio un Paese democratico. E, pur appoggiando un islam moderato, presenta non poche ambiguità da questo punto di vista. E poi la politica sociale nelle periferie è questione delicata, anche per i contrasti proprio sul fronte della religione. Che proprio il Qatar se ne occupi…Nicolas Demorand, direttore di Libération, quotidiano classificato a sinistra, ha scritto, in un suo editoriale: “Quali saranno le prossime tappe, dopo che la Francia ha accettato una prima volta di terziarizzare a un Paese straniero una parte dei suoi obblighi governativi?”.

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