Un paio di mesi fa il New York Times scrisse che l’Italia aveva un problema culturale: paese fondato sull’individualismo, la ribellione alle regole, la mancanza di senso dello Stato e, dunque, la corruzione pubblica e privata. Proprio vero. Il problema è che la maggior parte dei cittadini considera queste caratteristiche una buona cosa. Se ne vanta e le giustifica come necessaria legittima difesacontro uno Stato inefficiente e corrotto. Senza rendersi conto di lottare contro se stessi.

Adesso Befera è nella bufera per via del suo redditometro. E se ne sentono di tutti i colori. Non che serva a molto, parlare di queste cose agli italiani è come parlare di corda in casa dell’impiccato; ma quattro cose in croce vanno pur dette. Il redditometro non determina in maniera automatica le imposte da pagare; serve solo a identificare le persone che spendono più di quello che guadagnano. A questo punto delle due l’una: hanno risorse di provenienza legittima che il Fisco ignora; oppure dichiarano un reddito inferiore al reale. Quindi, per piacere, spiegate: eredità, vincite al gioco, debiti, compensi per prestazioni sessuali (sono legali). Ok, arrivederci e grazie. Altrimenti non ci sono alternative: attività illegali o evasione fiscale (che è illegale anche lei). Si chiama rasoio di Occam o principio di Sherlock Holmes: quando avete eliminato tutte le possibilità, quella che resta è la vera. E siccome non si può mettere un finanziere accanto a ogni cittadino e quindi le dichiarazioni dei redditi controllate sono solo una piccola percentuale di quelle presentate (il 10%), uno strumento che permette di mirare bene prima di sparare e non sprecare munizioni è proprio utile.

Basta con gli accertamenti fatti ai poveri cristi, prendiamo quelli che è probabile evadano; e, tra questi, quelli che, sempre probabilmente, evadono di più. Chiediamogli: vero che hai comprato una o due macchine da 50.000 euro l’una? E che hai una colf? E una casa al mare? E che i tuoi bambini vanno a scuola in istituti privati da 60.000 euro all’anno? (E che… le voci del redditometro sono 100)? Se sì, come hai pagato tutto questo? Magari è tutto regolare però spiega, per favore. L’Eurispes ha stimato, sulla base di questo principio (spese superiori alle entrate), in oltre 500 miliardi l’anno il fatturato dell’economia sommersa. Il che vuol dire un’evasione fiscale di oltre 250 miliardi, assai superiore ai 160 miliardi (che sono già una bella sommetta) stimati dalla Corte dei conti. Davvero applicare il redditometro per identificare chi si ruba questi 250 miliardi, è una cosa che non va bene? Poi, certo, può darsi che qualcuna delle voci che lo compongono non sia così significativa; e che i criteri di valutazione di certe altre siano sbagliati. Chi ha buone ragioni per pensarlo scriva una letterina a Befera: “Premesso che il redditometro è proprio una buona cosa, mi permetto si segnalarle che il tal criterio e il talaltro andrebbero rivisti…”.

Ma le crociate, tipo quella inscenata dai difensori della privacy (cioè cercare le prove del reato viola la privacy dei delinquenti), sono sempre sospette: a cominciare da quelle dell’XI secolo e seguenti, quando si trattava di conquiste di territori e rotte commerciali mascherate da guerre di religione. Oggi Mitt Romney sta facendo scuola: “We built it” (lo abbiamo costruito noi); “sono soldi miei”, perché devo darli allo Stato? Proprio vero: non solo l’Italia ha un handicap culturale.

Il Fatto Quotidiano, 14 settembre 2012
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