Bianco. Bianco come l’albume. Bianco come il detersivo che di più non si può. Questo doveva essere il non colore (in verità Odifreddi direbbe che il bianco è la somma di tutti i colori) del nuovo Tg4. Alla prova finestra, il bianco ha solo ricoperto l’habitat che fu di Fede e che ora è di Giovanni Toti, direttore duale del Tg4 e di Studio Aperto. Mediaset ha finito gli antemarcia o tira a risparmiare. All’inaugurazione, Toti è apparso, limitandosi a dire impacciato che il bianco è il colore della verità, che nulla nasconde. Non è più il Toti di una volta, lo stesso che in un editoriale alla Minzolini non si capacitava come mai avessero condannato Dell’Utri e assolto Tartaglia, quello della duomata in faccia a Berlusconi, come se mafia e lancio di souvenir fossero fenomeni paritari.

Ma il nuovo Tg, com’è? Con la precarietà diffusa, si fatica a dissacrare e sezionare i colleghi, ma di nuovo c’è niente: il cardinal Martini, il terribile maltempo di Poppea (dalla serie: d’estate fa caldo, poi ci sono i temporali, poi rinfresca e poi fa freddo), la crisi del commercio e il “calo della produttività” (scuole serali: la produttività non c’entra un baffo con la produzione), Matteo Renzi e “le fibrillazioni che scuotono la sinistra” (a destra non si scuotono neanche con l’elettrochoc), la morte del Po, la suora suicida, l’inviata in Siria “senza volto per ragioni di sicurezza”. Un telegiornale iperclassico e, dunque, inutile, che alle ore 14 si scontrava con Don Matteo, i Simpson, il migliore Clouseau dello Sparo nel Buio e Centovetrine. Un Tg immolato sullo share aprés midi.

Non ridateci Emilio Fede, ma fatecelo rimpiangere. Ci mancano i borbottii indistinti, gli occhi al cielo, le meteorine multiuso, i cazziatoni fuori onda, le notizie dissennate, quel diffuso helzapoppin. Insomma, ci manca la comicità demenziale. Alla sua memoria è rimasta solo la cornice azzurra dei “contributi” filmati, scampolo di quel colore dominante dei tempi di Forza Italia: in uno studio in rosso (scomodato Conan Doyle), Fede non si sarebbe esibito neanche morto. Il Tg4 new look parte comunque con la parola d’ordine “dimenticare Emilio” che – dismesso a forza – sulla redazione aveva sputato fiele e disistima. Toti ha giurato che valorizzerà i dimenticati, i sottousati; i “fedelissimi” o abiurano (probabile) o si appartano (improbabile).

L’Emilio d’un tempo si prepara ora a scendere in campo con un movimento fai-da-te, Vogliamo Vivere, titolo rubato a un film di Lubitsch del 1942. Nel Pdl non l’hanno voluto nemmeno come riserva. Se gli va male, ha strappato comunque a Berlusconi una pensione: 20.000 euro netti al mese, casa e ufficio gratis, auto e autista. Ma non è contento, nulla potrà mai compensare le luci della ribalta, le cene eleganti col Capo, l’olgettinica complicità di Lele e Nicole.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Rai, rivoluzione alla Sipra: Lorenza Lei ad, nel cda i tre direttori di rete

next
Articolo Successivo

Rai, Santoro: “Se Tarantola e Gubitosi fanno solo tagli indeboliscono l’azienda”

next