Il nulla osta più atteso del giorno arriva come un toccasana. “Il governo tedesco – dichiara il portavoce di Angela Merkel, Georg Streiter – ha piena fiducia nell’indipendenza della Bce che sta adempiendo ai propri doveri”. Tradotto: Mario Draghi può fare ciò che ritiene più opportuno, Berlino, dal canto suo, non si opporrà. Gli acquisti compulsivi di bond italiani e spagnoli possono riprendere, dunque, e la speranza è che la pressione sui rendimenti possa allentarsi ancora di più. Dando così seguito alle speranze dei governi e alle previsioni degli investitori che, almeno per il momento, sembrano tornare a scommettere su un calo degli interessi su Bonos e Btp.

E sì, perché i numeri, negli ultimi giorni, sono stati piuttosto chiari. Le parole pronunciate giovedì da Draghi hanno avuto un effetto dirompente producendo un drastico calo dei rendimenti sui titoli della terza e quarta economia dell’eurozona. Oggi i Btp italiani rendono il 5,95% con uno spread pari a 458 punti base, gli omologhi di Madrid offrono invece il 6,58% (spread a 520). Gli indici di borsa salgono quindi sulla fiducia con Piazza Affari che oggi chiude il primo giorno di contrattazioni con un +2,80%. L’Ibex 35 della borsa spagnola chiude con una crescita del 2,78%. Londra (1,18%), Francoforte (+1,27%) e Parigi (+1,24%) completano il quadro di giornata. L’onda rialzista, insomma, coinvolge un po’ tutti. Durerà?

Se la Bce manterrà la parola probabilmente sì. Almeno questo lascia intendere l’esperienza che, in questo senso, è stata piuttosto chiara. All’inizio del 2012 Eurotower ha completato la sua operazione di Ltro, innaffiando le banche private di liquidità sottocosto e continuando, per circa tre mesi, con i suoi acquisti sul mercato secondario. Questo effetto combinato ha determinato un calo della pressione: i titoli italiani e spagnoli si sono apprezzati (con conseguente discesa dei rendimenti), gli omologhi tedeschi hanno accordato al contrario interessi crescenti. Ma questo piano apparentemente ben riuscito ha funzionato per un periodo limitato. All’inizio di marzo, con gli spread a livelli minimi (il differenziale calcolato sull’Italia era sceso sotto quota 300) la Bce ha sospeso gli acquisti lasciando campo libero agli istituti bancari: l’idea, in sintesi, era di delegare a questi ultimi il compito di calmierare gli interessi confidando nella prospettiva di un’ottima plusvalenza (usare denaro all’1% per acquistare bond al 4-5%). Ma la contemporanea richiesta di ricapitalizzazione da parte dell’European Banking Authority e il clima di generale incertezza hanno indotto le stesse banche private a chiudere i propri forzieri a doppia mandata ispirando comportamenti super prudenti. Risultato: fuga dai titoli periferici e rifugio nei bund con conseguente allargamento della forbice. Praticamente il trionfo dello spread.

La storia recente, insomma, ha già impartito la sua lezione: l’ansia dei mercati si placa solo con la Bce. L’idea di un attore “minimo”, impegnato solo nella stabilizzazione dell’inflazione, è ormai naufragata anche se molti, in Olanda, Finlandia e Germania, insistono nel difendere un’idea ormai sorpassata e definitivamente travolta dalla crisi. Ieri, intervistato dalla Sueddeutsche Zeitung, il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker ha accusato la Germania di “trattare l’eurozona come una sua filiale”. Oggi, polemicamente, il deputato tedesco Joerg-Uwe Hahn ha proposto al suo governo di fare causa alla Bce in caso di acquisti di bond nazionali europei. La tensione resta alta ma l’impressione, oggi, è che Berlino sia disposta a fare un passo indietro. Le parole di Streiter, in questo senso, hanno un valore significativo. L’incontro tra il ministro Schaeuble e il suo omologo statunitense Geitner (che in comunicato congiunto hanno lodato “gli sforzi considerevoli” fatti da Italia e Spagna) dovrebbe avere il suo peso se è vero, come noto, che gli Usa spingono da tempo per un ripensamento da parte dei tedeschi (e lo stesso Schaeuble appare in definitiva più possibilista di molti suoi colleghi).

Tutto bene, dunque? In linea di principio sì, perché l’intervento ormai imminente della Bce costituisce oggi l’unica strada percorribile. Ma l’incertezza resta comunque presente, e i motivi sono almeno un paio. Primo, lo schema del fondo anti spread è legato al fondo Esm, il cui avvio è a sua volta condizionato dall’ok della corte costituzionale tedesca. Se il prossimo 12 settembre quest’ultima dovesse esprimere contrarietà si tornerebbe quasi al punto di partenza. Secondo, la riduzione dei costi di finanziamento dei singoli Stati attraverso l’accumulo dei titoli da pare della banca centrale rischia di avere effetti relativi davanti ad un’ondata recessiva senza freni. Oggi Standard & Poor’s ha pubblicato un rapporto decisamente poco lusinghiero nei confronti dell’area euro per la quale si prevede una contrazione del Pil pari allo 0,6% (contro le precedenti stime di perfetta stagnazione) per il 2012 e una modesta crescita per l’anno seguente (+0,4% contro il +1% ipotizzato prima). Per l’Italia si parla di un anno corrente da -2,1%, peggio anche della Spagna (-1,7%). Recessione tecnica anche l’anno seguente con il Pil italiano destinato a contrarsi dello 0,4% secondo le stime attuali.

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Standard & Poor’s, nuovo taglio a stime su Pil Eurozona: nel 2012 -0,6%

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