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La “banalità del male”

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Il regime continua. Formigoni, governatore berlusconiano, di fronte a indagini che svelano ciclopici do ut des con faccendieri in galera dichiara “tutto qua?”, ufficializzando l’indigenza assoluta della fibra morale di un intero ceto politico. Niccolò Zanon, membro berlusconiano del Csm, propone il procedimento disciplinare contro Roberto Scarpinato per una verità nota anche ai sassi: nelle commemorazioni per Borsellino si vedono “talora nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa dei valori di giustizia e di legalità”.

Due gesti impensabili in ogni altro paese europeo, da noi di ordinaria tracotanza partitocratica. Lo spread istituzionale, politico, morale, è tutto e nella “banalità del male” con cui ogni giorno le nomenklature compiono gesti analoghi.

Agnese, Rita e Salvatore Borsellino, hanno reagito facendo propria “ogni parola della lettera emozionante con la quale Roberto Scarpinato si è rivolto a Paolo lo scorso 19 luglio in via D’Amelio”. È evidente che di Borsellino si vuole ormai uccidere la memoria. L’Italia civile ha cominciato a reagire, e speriamo che nei prossimi giorni insorga moralmente con i suoi “intellettuali pubblici” di recente troppo spesso afoni (nel frattempo la stampa berlusconiana supera il proprio record di lordura morale col “dico non dico” di accuse ai magistrati di Palermo per la morte di D’Ambrosio).

Formigoni e Zanon non fanno scandalo. La partitocrazia oscilla tra compiacimento, omertoso silenzio o polemica “specchio per le allodole”. Qualche lettore ci accusa di non distinguere tra le forze politiche, cadendo nel qualunquismo. Ma se anche in casi del genere non sanno distinguersi tra loro come il bianco dal nero, è colpa nostra? Pd e berlusconiani si stanno accordando su una legge elettorale peggio della “porcata”, e se non ci riusciranno è solo perché l’ometto di Arcore vuole ancora di più e non sa bene cosa.

Débâcle dei partiti, ma insieme fallimento dei “tecnici” liberisti. Tutte le loro misure (che tolgono ai poveri e impoveriscono i ceti medi, lasciando a evasori, ladri e banchieri ogni privilegio) falliscono, perché solo una redistribuzione delle ricchezze in chiave neokeynesiana può invertire la deriva. Partitocrazia e “tecnici” di Monti sono ormai la padella e la brace. Se ne esce solo con una classe dirigente del tutto nuova, da selezionare nella società civile. Il Terzo Stato sarà capace di esprimerla? O subirà il monopolio di un establishment politico-finanziario ammanicato che ci sta portando alla rovina?

Il Fatto Quotidiano, 28 luglio 2012

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