La cerimonia di apertura delle Olimpiadi è uno dei momenti più suggestivi dei Giochi per vari motivi: tutto il mondo è collegato in trepida attesa e uno spettacolo inaugurerà il nuovo stadio, ultimo ritrovato della tecnologia; vedremo sfilare la parate degli atleti dietro la rispettiva bandiera; ci sarà il tedoforo, la torcia e la formula del giuramento. E’ un protocollo che sembra immutabile, un rituale cui oramai siamo abituati e senza il quale non ci verrebbe da dire che i Giochi sono cominciati. Eppure ogni rituale è frutto di una lunga stratificazione temporale. E come sempre di un lungo tira e molla politico. Un esempio la parata delle nazioni dietro il portabandiera. Sebbene De Coubertin non l’auspicasse, perché temeva una deriva nazionalista, fu introdotta a Londra nel 1908 (e difatti creò subito un caso: la Finlandia non volle marciare insieme alla Russia, che l’aveva annessa nel 1809).

Quindi il giuramento. Venne pronunciato la prima volta dallo schermitore belga Victor Boin ad Anversa nel 1920: “Giuriamo di presentarci ai Giochi olimpici come concorrenti leali, rispettosi delle norme che li regolano e desiderosi di partecipare con spirito cavalleresco, per la gloria dello sport e l’onore dei nostri Paesi” (dal 1964 le ultime parole sono state sostituite con: “per l’onore delle nostre squadre”). Ad Amsterdam 1928 fa la sua comparsa la torcia e il braciere olimpico. E si inizia a formare l’ordine della parata: prima la Grecia, ultima la nazione ospitante. Ma siamo ancora a formule naif.

Così a Los Angeles 1932 si decide di definire nei particolari il protocollo: 1) Il capo dello Stato ospitante viene accompagnato dal presidente del Cio nella tribuna centrale; 2) Gli atleti sfilano per nazioni e, dopo essere passati sotto la tribuna, si dispongono nel campo; 3) Il capo dello Stato dichiara aperti i Giochi recitando una formula prestabilita; 4) Viene innalzata la bandiera olimpica sul più alto pennone dello stadio; 5) Si sparano tre colpi di cannoni e si libera uno stormo di colombi; 6) Entra l’ultimo tedoforo, fa il giro dello stadio e va ad accendere il braciere; 7) Un atleta del Paese ospitante pronuncia la formula del giuramento.

A Berlino 36, per volere di Goebbels, la fiaccola olimpica fa il suo primo viaggio da Olimpia fino allo stadio dove accende il lebete che poi brucerà per tutta la durata dei Giochi. In quell’edizione succede anche un episodio che cambierà la cerimonia. Fino da allora, infatti, era in voga il saluto olimpico: gli atleti passavano sotto la tribuna e alzavano il braccio teso, abbassando il palmo della mano. Ovviamente a Berlino la tribuna e Hitler rispondono col saluto nazista, che è molto simile. Monta la polemica. E si crea una frattura. Chi vuole dissentire abbassa platealmente il palmo, mentre gli altri, come ad esempio gli italiani, fanno il saluto romano. Da quella volta il saluto olimpico non verrà più utilizzato.

Invece per quanto riguarda lo spettacolo non si è mai badato a spese. A Londra sarà uguale, anche se non si raggiungeranno gli sfarzi di Pechino. Costerà 27 milioni di sterline, per tre ore e mezza di esibizione (e l’hanno accorciata). La regia è stata affidata a Danny Boyle, il regista di Trainspotting. Ci saranno pecore cavalli galline mucche e tanti bambini. E finalmente scopriremo chi sarà il tedoforo.

Ma in quanto a cerimonie di apertura nulla mai supererà il botta e risposta tra Urss e Usa ai tempi della guerra fredda. A Los Angeles nel 1984 un uomo volò sopra lo stadio con un marchingegno degno di Star Trek, a simboleggiare il progresso della tecnologia al servizio dell’individuo. Quattro anni prima, a Mosca ’80, tutti avevano invece ammirato il mosaico sulle tribune che si animava di continuo, a simboleggiare la forza progressiva dell’unione tra individui.

Riguardo questa cerimonia di apertura nell’Urss girava una divertente barzelletta. Nella tribuna del grande stadio, Leonid Breznev (dal popolo considerato uno sbevazzone) s’appresta a leggere da un foglio il discorso di inaugurazione. S’avvicina al microfono e dice (ondeggiando): “Oooh, ooh”. Tutt’intorno sbigottimento. Lui, imperterrito: “Oooh, ooh”. La scenetta va avanti qualche secondo finché il suo segretario non lo interrompe: “Compagno, sta leggendo i cerchi olimpici”.

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