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Don’t say “bugiardo”: il politically correct a Westminster

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In quelli lontani, a volte si picchiano. Poco male se succede in terre più o meno esotiche, nella più prossima Ucraina o dalle nostre parti, dove abbiamo quasi perso ogni speranza. Invece a Westminster – dove al fair play ancora ci tengono – basta una parolina di troppo e scoppia lo scandalo. Solo perché ieri, contro tutte le secolari tradizioni, il laburista Chris Bryant ha osato dare del “bugiardo” al conservatore ministro della Cultura Jeremy Hunt, reo a suo avviso di aver mentito proprio di fronte Parlamento. Mai, confessano i custodi della Camera dei Comuni, era a loro memoria accaduto nulla di simile.

Nell’aula che risuona di scambi accessi ma secchi, di schermaglie nel corso delle quali, per stemperare l’aggressività, è vietato persino nominare l’“onorevole deputato di…” , si può magari accusare di menzogna l’intero partito, concedendo l’abbia fatto “inavvertitamente”, ma mai il singolo: il galateo parlamentare proprio non lo permette. “Ho permesso l’uso di quella parola solo per inerenza logica con la mozione discussa” (che appunto accusava il ministro di aver ingannato il Parlamento), si è dovuto difendere il presidente della Camera John Bercow. Parole che tuttavia non spiegano se gli alieni stanno tra noi noi, dove gli onorevoli si azzuffano, oppure lassù. Dove magari si odiano, ma educatamente.

Il Fatto Quotidiano, 16 giugno 2012

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