Difficile difendere la funzione dei partiti astraendo dallo spettacolo indegno offerto dal ceto politico nazionale negli ultimi anni. Non molti tra i cittadini ascoltati dall’Uomo da marciapiede questa settimana avvertono la necessità di tale esercizio dialettico. Ai più i partiti appaiono non altro che centri di potere e comitati d’affari. Ma, per quanto screditati, la democrazia rappresentativa può davvero farne a meno? E’ necessario rifondarli, aprendo spazi di democrazia diretta e partecipativa, avverte più di un passante. Ma non tutti sono sicuri che la società civile sia attrezzata culturalmente al cambiamento. Si devono cambiare i politici, non tanto i partiti, è un commento ricorrente. Comunque vanno ridotti di numero, propone un’altra voce. Forte è la richiesta, intercettata elettoralmente dal Movimento 5 Stelle, di una politica senza rendite di posizione né apparati organizzativi né mediazioni professionali, all’insegna di liste civiche che consentano a gruppi di cittadinanza attiva di operare direttamente, a tempo determinato, nelle istituzioni. Funzionerà anche per il parlamento? Il dubbio che, dopo l’iniziale momento magico, tali gruppi si rivelino non l’alternativa ma la reincarnazione dei partiti, per alcuni sussiste. Un dato tuttavia sembra sicuro: l’esigenza di trasparenza e partecipazione ai processi decisionali attraversa la nuova opinione pubblica dell’era digitale. Votare e delegare non basta più  di Piero Ricca. Riprese e montaggio di Claudio Cecconi.

E voi come la pensate? Dite la vostra votando la risposta che vi convince di più.

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