Un signore asciutto, dallo sguardo severo, gravido d’ammonimenti. Una sorta di madre superiora, inarrestabile nel voler instillare nel prossimo una moralità obsoleta. La prima istantanea di Montanelli, entrava indelebile nella mente di un bambino, attraverso l’estremo inquisitore mediatico, Fede, quello delle cene eleganti.

Lo invitava a farsi da parte, tratteggiandolo come un vecchio austero, disgustato all’idea di lasciar posto ai giovani, uno Scrooge della carta stampata. Confesso l’estrema colpa d’averlo ritenuto tale sino all’età di 16 anni. La scoperta di internet ha non poco contribuito nel ravvedermi. In lunghe nottate trascorse a perdere diottrie davanti ad uno schermo di PC, mi rendevo conto con orrore della cacciata di Montanelli dal suo ”Giornale”.

A conti fatti rappresentava la caduta dell’ultimo baluardo d’un’informazione d’altri tempi. Libera, critica e criticabile, mai d’interesse.

Paradossalmente ho constatato tutto questo a posteriori, senza poter vivere i fasti del Corriere, quando raccoglieva Pasolini, Buzzati e lo stesso Montanelli tutti assieme. Magari una famiglia litigiosa, con pareri agli antipodi, memori però del rispetto dovuto alle idee dell’avversario, che tale rimaneva, ma non era nemico. Compagni di schermaglie.

Altrettanto paradossalmente non l’ho potuto apprezzare per gli editoriali, titoli azzeccati o quant’altro la carta stampata offrisse. L’ho conosciuto, mi ha preso per mano e guidato, nella sua più titanica impresa, ricordarci chi siamo.

La storia dei greci, La storia di Roma, e l’enciclopedica storia d’Italia sono il tributo al paese, a noi, lettori medi, la gente a cui raccontava il Paese, per il quale gli sarò sempre grato.

Senza provincialismi ha sdoganato la storia, portandoci, priva di accademici snobismi, la verità sui mille caratteri e vicissitudini, spesso dimenticati o peggio ancora omessi, della nostra storia.

Talvolta ha affrescato coloritamente personaggi universali come Platone, o Alessandro, estraniandosi dal coro, dando la propria versione, sempre per onor di cronaca, mai arrogantemente.

Lo ha fatto con vigore, portandomi a riflettere sull’importanza di Roma, facendomi essere orgoglioso (come popolo) d’aver raccolto l’insegnamento ellenico, averlo rielaborato e portato poi a tutta Europa.

E’ riuscito nella più grande delle imprese, risvegliare in me un patriottismo mai vissuto, mai provato, rinnegato.

Forse se stessimo ad ascoltare la lezione, invece di sbraitare e starnazzare, narrata attraverso i suoi saggi, potremmo apprendere qualcosa di noi, che non sappiamo d’avere.

Ripensandoci, dopotutto, l’ho conosciuto nelle vesti di giornalista. Ha portato nella mia vita la storia, in modo vigoroso ed elegante, tentando di renderla cristallina. La cronaca non è forse fatta di storie?

Quanti giornalisti in più avremmo, se lo stessero ancora ad ascoltare.

Luca Bruno Zambelli