Anni collaboravo con il Giornale per la cronaca delle pagine della Grande Milano e dirigevo un settimanale diffuso in provincia di Milano. Ho chiesto di poter fare un’intervista a Montanelli che, senza tanti preamboli mi disse: “Vieni domani mattina alle 11”. Puntualissimo, con il mio registratore mi sono presentato. E si è cominciato con le solite domande di prammatica, alle quali però Montanelli dava sempre una risposta con cui ci si poteva farci su un titolo. Si era arrivati a parlare delle pressioni dei politici… “Sì, telefonano – disse -, ma il più delle volte non me le faccio passare… chiedi pure a Roberto in centralino o a Iside, se vuoi…”. Poi si era passati a parlare di Silvio Berlusconi: “So che parla direttamente con i miei redattori, quelli dello sport; faccio finta di niente… finché si tratta di sport”.

Ma poiché insistevo su alcune presunte debolezze che a mio parere il giornale aveva avuto nei confronti dell’imprenditore già risaputo essere della P2, Montanelli si arrabbiò e se ne era uscito con l’espressione: “Senti non mi far venire il sangue agli occhi…”. Al momento, mi ero un po’ impressionato, poi invece la conversazione aveva preso una piega più rilassata e tranquilla. E da grande affabulatore qual era si dilungava in racconti. A un certo punto si affaccia nella stanza Gianpiero Negretti, caposervizio: “Direttore, la riunione…”, “Vengo, due minuti”. Passati dieci minuti, Negretti di nuovo: “Direttore…”, “Arrivo…”: E continuavamo a parlare. Altri dieci minuti e ancora Negretti. La risposta un po’ seccata fu: “Ma andate avanti, fate senza di me”.

Insomma: non ha partecipato alla riunione mattutina per stare a parlare con me che non ero nessuno. Non so quanti altri direttori del suo blasone l’avrebbero fatto.

Fiorenzo Barzaghi