Montanelli, grande giornalista o (e) manipolatore di verità senza scrupoli? Beh, Montanelli sapeva scrivere. Riusciva ad esporre le sue idee (non sempre corrette) alla gente che leggeva e recepiva con facilità. Troppa facilità, al punto di non reagire o respingere certe affermazioni, solo perché fatte da lui.

La sua prosa era scorrevole, e confesso che lo leggevo volentieri. Ricordo un mio intervento nella sua rubrica della “posta” del Corriere riguardo alla “tristezza dei cimiteri”. Ascoltava anche! Il che è una rarità per color che sono o si ritengono “in alto”.

Ma poi, oltre che giornalista, ha voluto fare lo storico. Stessa prosa semplice ed accattivante nella sua “Storia d’Italia”, che ha avvicinato alla storia tanti cittadini che altrimenti avrebbero continuato a considerarla “cosa da addetti ai lavori”.

Ma non era uno storico e il suo libro, scritto indubbiamente dalla sua penna felice, era stato, probabilmente (con tutta probabilità), derivato e nemmeno interamente capito, da una fonte tedesca (un po’ come gli scolaretti cher copiano il compito dal compagno, ma se non conoscono la materia, ti accorgi subito perché non sanno nemmeno copiare!).

Ho davanti a me “L’Italia dei secoli bui”, edizioni Rizzoli, 1965

Pag. 52: “Massimo fu battuto prima a Laybach, poi ad Aquileia dove ….”

Pag. 67: “Poi d’improvviso era tornato indietro, per il solito passo di Laybach si era di nuovo affacciato in Italia, ….”

Pag. 74: “Affacciato alla finestra di Laybach nel suo solito ambiguo atteggiamento, Alarico ….”

Ma quanti dei suoi pur numerosi lettori sanno dov’è Laybach? Evidentemente nememno il Montanelli lo sapeva se per indicare quella località ha usato un nome che (pure copiato male: la grafia corretta è infatti Laibach) viene usato ed è conosciuto solo dai Tedeschi. Perché usare, altrimenti, un nome tedesco per indicare una località che ha un nome suo (Ljubljana) e che comunque ha anche un nome italiano, ben conosciuto, essendo la capitale della Repubblica di Slovenia, cioè Lubiana. Senza contare che aveva anche un nome latino: Aemona.

Pag. 54: “Lo scontro fra i due eserciti ebbe luogo sull’Isonzo, che allora si chiama Frigido, …”

Ma quando mai!!! La battaglia fra Arbogaste e Teodosio ebbe luogo effettivamente lungo il fiume Frigido ede è conosciuta come “Battaglia del Frigido!”, solo che il Frigido non è l’Isonzo dal quale dista una quarantina di chilometri, ma il Vipacco (Vipava in sloveno).

Pag. 287: “La pena gli fu poi commutata in quella del confino che scontò a Cherso, sul Ponto Eusino, dove …..”

Ora Cherso è un’isola del Quarnero (attualmente in Croazia), mentre il papa Martino (quello condannato all’esilio) era stato esiliato nel Chersoneso, in Crimea. Era infatti il cosiddetto Chersoneso Taurico. Indovinate un po’ come si chiama il Chersoneso in tedesco? Avete indovinato: si chiama Cherson e da Cherson a Cherso il passo è breve, ma non quello geografico.

 Tralascio altre chicche. Voglio solo far vedere che quando si ha un nome al di sopra di ogni sospetto, si può dire e scrivere quello che si vuole. Anche parlare con estrema indifferenza della gassificazione dei poveri abissini, cui il signor Indro (assieme ad altri, per carità) portava la suprema civiltà italica. Ricordate “faccetta nera, bella abissina”?

Lucio Nalesini