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I Serenissimi

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Limpidi come acqua di fonte”, “tranquillissimi” e naturalmente “sereni”, i politici beccati a trafficare con smeraldi e lingotti d’oro, inquilini a sbafo di ville turrite o senza la ricevute (“smarrite”) comprovanti il pagamento di vacanze di sogno alle Antille, molto si dolgono delle “diffamazioni” che osano mettere in dubbio il sacrificio di “chi si è speso per ciascuno e per tutti i lavoratori della sua terra”.

Serenissimi Rosi Mauro e Roberto Calderoli, serenissimo Roberto Formigoni, tutti naturalmente intenzionati a non mollare la poltrona, tutti con le motivazioni più nobili e disinteressate che il governatore lombardo riassume in una frase che andrebbe scolpita sul monumento nazionale alle facce di bronzo: “Inutile dire che non mi dimetterò poichè sarebbe da irresponsabili piegarsi al ricatto dei calunniatori e dare soddisfazione a lobby a cui nulla importa della crisi che sta devastando l’Italia”.

Ecco, ci vuole un’impudenza assoluta per mescolare i 13 mila euro dei dorati soggiorni ad Anguilla, pagati chissà da chi, con la disperazione di milioni italiani impoveriti dalla crisi e che non sanno più dove sbattere la testa. Ma in questa oscena manifestazione di sé si avverte un senso di onnipotenza e invulnerabilità purtroppo non del tutto immotivato. I Formigoni non nascono dal nulla ma sono al vertice di una piramide di potere dove tutto si tiene. Perché nessuno nel consiglio regionale lombardo ha la forza (e forse anche la voglia) per sfiduciare il vanesio personaggio. E perchè se lui cade, tutta la piramide edificata e tenuta insieme dal cemento degli interessi e dei favori, degli affari e dei ricatti verrebbe giù.

E questo lo sanno bene tutti i Formigoni d’Italia che insaziabili fruitori di resort, appartamenti e aragoste pagate a loro insaputa, il massimo favore che ci possono fare è quello di cambiare giacca o cambiare sigla alle loro combriccole di partito. Se ne fregano e ci sfottono ben consci che anche se alle elezioni non votasse più nessuno loro continuerebbero imperterriti a dividersi la torta, l’unica in un paese che va in malora.

Il Fatto Quotidiano, 22 Aprile 2012

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