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Le dimissioni del papà re

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La cosa antipatica della resurrezione è che bisogna morire. Assistiamo in questi giorni al dolore di due anziani importanti che non vogliono morire: Bossi e il Papa.

La chiesa è sofferente ha detto il papa. Giusto: I dati sulla pratica religiosa sono tremendi. La percentuale di chi si dichiara cattolico in Italia è scesa per la prima volta dopo secoli sotto la metà della popolazione (46%). I bambini battezzati sono scesi dall’80% al 45% in appena un decennio. Per non parlare del declino delle vocazioni, ormai fenomeno di lunga data, arginato solo dalle deprecabili ordinazioni terzomondiste di massa. La Chiesa Spagnola in uno spot ha addirittura pubblicizzato il sacerdozio come posto fisso incarnando perfettamente il geniale padre Pizzarro di Guzzanti. Le chiese si svuotano come i concetti che il catechismo propone.
La disobbedienza in questi casi è una grande virtù. Il consenso si forma sulla quota di autorevolezza che ha la persona che parla. Questo è sacrosanto ed è un frutto meraviglioso anche se combattuto della nostra epoca superinformata e livellante. Internet e la democrazia virtuale non sono giochi per adolescenti e pensionati, sono davvero un nuovo luogo di formazione del rapporto tra consenso e autorità.

Un riposizionamento che dura da molto tempo e ha radici profonde nella nostra storia. Questi due poli si avvicinano fortunatamente sempre di più grazie alla disponibilità immediata dell’informazione, nel tempo e nello spazio. La chiesa soffre semplicemente questa dialettica a cui è aliena, da società “ancien regime” quale è. La libertà di disobbedire è merce rara in molti ambienti, anche quello giornalistico, a volte anche a “Il Fatto Quotidiano”, ma è indispensabile per essere uomini e godere dell’intelligenza e delle capacità proprie e altrui.

La gratuità di riconoscere la forza delle argomentazioni dell’altro è il sale della democrazia e probabilmente dell’esistenza. Per questo la disobbedienza è garanzia di salvezza anche per la chiesa. Fa impressione che questa gratuità rispetto alla verità ci tocca impararla da uno come Bossi. Commovente la sua tristezza e la sua ammissione di colpa. Ha immediatamente capito che difendere se stesso significava uccidere il movimento, l’idea, la verità che riteneva di aver vissuto in questi anni. Non ha avuto dubbi che morendo politicamente poteva dare nuova vita alla sua creatura. Minuti da grande leader che forse possono mettere in crisi tutta la prima repubblica borbonica che è ancora in parlamento.

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