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La rabbia e l’amore

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“Anche gli sfigati possono cambiare il mondo! Quindi starei ben attento, prima di insultare i giovani come ha fatto un sottosegretario“. L’urlo di Don Mazzi ci fa sobbalzare dalle poltroncine. E il salone della Fiera di Verona, s’incendia dello sdegno del prete. Sta per andare in scena un convegno dal titolo che sembra ormai un presagio: “Progetto fuoco. Riscaldiamoci. Antidoti al grande freddo della crisi”.

“Ti prego, Don Antonio, sei stato operato al cuore!”, lo supplica il moderatore; l’economista Enrico Cisnetto, “attento ai palloncini che ti hanno cucito in petto”. La mano di Maria Rita Parsi, raggiunge il maglione del prete e gli sfiora il braccio, a protezione. Mentre il sociologo Domenico De Masi, sembra anche lui sul punto di esplodere. Sferra fendenti con gli occhi, in ogni angolo.

Mi muovo sulla sedia, inquieta.

Il volto di donna intrappolato nella copertina del romanzo che tengo sulle ginocchia, chiama, intimidito: “Anna, perché mi hai portato in quest’arena? credi davvero di riuscire a leggere i miei pensieri, che cantano l’amore?”.

E già, me lo sto domandando anch’io, adesso.

Mi volto. E alla mia destra incontro lo sguardo di Paolo Portoghesi. Sembra svuotato. Accenna un sorriso.

“Dopo l’alluvione in Polesine ho visto cosa può fare la forza della disperazione!”, è ancora Don Mazzi che parla. Si è calmato. Il suo sguardo vola lontano.

“Dobbiamo unire i cuori, abbandonare i nostri egoismi, e lasciar volare gli aquiloni della speranza, in cielo, oltre la miseria umana, come recita la poesia di Edoardo Galeano, ‘le labbra del tempo’”.

Un dolce calore mi avvolge. Cuori? Aquiloni? Speranza?

Sembrano parole antiche che nessuno pronuncia più. Che nessuno regala ad alcuno.

Cisnetto chiede a De Masi una riflessione sulla crisi e la terapia dei “professori”. E come quando si solleva il coperchio di una pentola in ebollizione, il professore sbotta:

“E’ la prima volta che di fronte a una grande crisi ci mettiamo nelle mani degli economisti!”, poi, tuona, “in questo modo si rinuncia a un elemento fondamentale dell’essere umano, la progettazione del futuro. E se anche il lavoro viene considerato solo da un punto di vista economico, escludendo l’aspetto etico, esistenziale, sociologico, il rischio sarà l’appiattimento!“.

Serro i pugni e trattengo il fiato. So che ha ragione.

“Ma perché nessuno s’indigna?“, continua De Masi, “sui giovani la politica si è accanita troppo. E’ sorprendente come nonostante gli insulti, nessuno reagisca!”.

“E già, perché non reagiamo?? Ci siamo spenti? Siamo morti? Che cosa siamo diventati?”.

Ecco l’ho detto! E sto parlando a voce alta.

Sguardi carezzevoli mi sfiorano in silenzio.

Forse il mio slancio, la mia ribellione ha intenerito i presenti, oppure è saggezza la loro, quella che annebbia la voglia di combattere.

“Anna cara!”, è Maria Rita, “noi abbiamo già vissuto le nostre battaglie alla fine degli anni 60. Anche allora, c’era la stessa mancanza di valori, e una classe politica simile a quella attuale. Capisco il tuo sdegno e quella sensazione d’impotenza! Conosco questo malessere.” E continua “Oggi si parla tanto dei giovani, ma anche chi ha già vissuto queste difficoltà va tutelato. I giovani sapranno cavarsela da soli.

Il volto di mia madre mi si para davanti, col suo timore per quella pensione frutto di una vita di lavoro, rosicchiata dalla “fame” dei professori.

“Paolo, quale atteggiamento dobbiamo assumere allora per scaldarci dal grande freddo della crisi?”

Enrico Cisnetto si avvia alla conclusione dell’incontro.

Sbircio Portoghesi, che è rimasto in silenzio durante il dibattito.

Sospira. E poi: “Penso si debba rinunciare all’individualismo, che è il padrone delle nostre vite. E imparare a condividere con gli altri. Credo che anche in architettura, bisognerà abbandonare il concetto di unicità dell’opera, per concentrarci su progetti aggreganti. Occorre stare vicini per scaldarsi, secondo me!“.

E il calore arriva. E’ intorno a noi..!

“Anna! Vuoi leggere una pagina del tuo romanzo, per concludere?“, è il gentile invito di Enrico Cisnetto.

Sollevo il volumetto ed esito.

A fronte dei problemi trattati, il mio mi sembra uno sciocco personalismo.

Esito ancora…!

“Anna! Ricorda gli aquiloni!! Falli volare alto… oltre!!”. E’ Don Mazzi che mi guarda e sorride.

Sfioro i miei fogli e comincio a leggere.

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