Recentemente il grande scrittore Jonathan Franzen, ha lanciato una sorta di grido di allarme causato dal progressivo aumento dei libri elettronici: “L’esperienza ha da sempre un senso di permanenza” ha detto. “Tutto il resto nella vita è fluido ma il testo che ho davanti non cambia.” Mi pare che, sia per chi ama scrivere, come il sottoscritto, che per chi ama leggere, come il sottoscritto, questa affermazione meriti l’attenzione di qualche riflessione, poiché senz’altro, in questo mondo che cambia velocemente, l’avvento del libro digitale porterà alcune importanti mutazioni con le quali dovremo fare i conti e che in parte già ci toccano, anche se in Italia la fetta di mercato degli e-book è ancora irrilevante.

Intanto vorrei porre questa domanda: siamo sicuri che la permanenza sia più ‘virtuosa’ della fluidità? E’ un dato di fatto che l’avvento del virtuale, abbia smaterializzato una serie di elementi tradizionali: pensiamo all’uso della moneta-denaro, o all’impiego del digitale nel campo dell’arte, dalle installazioni video agli eventi teatrali, alla fotografia e ognuna di queste mutazioni ha portato un nuovo campo di indagine e di ricerca non di per sé ‘cattivo’ anche se privo della forma materiale alla quale eravamo abituati. La presenza del virtuale nella nostra società è sempre più forte tanto da far parlare di vera e propria ‘civiltà immateriale’ nella quale quasi ogni tratto della nostra attività avrebbe un sostrato digitale. Basti pensare, ad esempio, come sempre più spesso si parli di introdurre i ‘tablets’ elettronici nelle scuole, eliminando così libri di testo e quaderni oltre alle enciclopedia che già languono, portando dunque un deciso mutamento in un ambito di relazione umana così stretta come quello della scuola.

Nel 1996 Nicholas Negroponte nel suo libro Essere digitali parlava addirittura di un sistema elettronico che avrebbe sostituito la figura dell’insegnante. Bene. Quale sarà (o qual è) la nostra reazione di fronte a questo stato di cose? Ci divideremo tra ‘materialisti’ che preferiscono il mondo concreto e pesante e ‘immaterialisti’ che sognano un mondo completamente digitalizzato? O forse esiste una terza posizione (anche qui un terzo polo?) che si batterà per la permanenza del materiale lasciando alcune funzioni al virtuale e sottolineando come in fondo l’umanità da sempre ha dimestichezza e largo uso del virtuale sotto forma del mondo spirituale, onirico, letterario. L’abbandono della carta metterà in pericolo tutto questo ?

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