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All’ombra del gigante nudo

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Guardate, ve lo dico subito: ci vuole un coraggio da leoni per arrivare qui da noi. Buttarsi in questa scommessa dallo spaventoso confronto. Qui poi che stiamo nell’ombra (fuor di metafora – la sua Galleria fa parte del nostro edificio) di quel ragazzo gigante nudo e di pessimo carattere ma dal meraviglioso lato B che tutto il mondo in fila viene a vedere.

Sono iscritti in trentatrè a questa classe di Pittura, primo anno all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Io insegno loro disegno del nudo. E Anatomia (per capirsi, il sito più succulento: morbidanatomy.blogspot.com).

Ma ci sono molte altre classi di Pittura e poi quelli di Scultura e scenografia… Insomma l’Accademia tiene dentro la sua pancia circa 1300 giovani che hanno deciso di dedicare tutte le loro forze all’esercizio dell’arte. Accomunati da incoscienza, bellezza, ambizione, timidezza e pure da una bella dose di ignoranza. Nel senso che sanno pochissimo di arte, i loro modelli sono incredibilmente vetusti. Tutti pazzi per Caravaggio, Michelangelo, Impressionisti, i più avanti si spingono fino a lodare Dalì e Magritte. Poi basta: carichi di tatuaggi e piercing palpitano per artisti stramorti da almeno un secolo.

Oggi sono arrivati in aula in ritardo, scusandosi, lustri per il gelo fiorentino. Di solito li trovo già piazzati in semicerchio, seduti sugli sgabelli o in seconda fila in piedi ai cavalletti, ognuno arroccato nella sua postazione, inamovibile. Hai voglia a dire che devono scegliere ogni volta un punto di vista autonomo, non mollano la loro configurazione territoriale, una geografia bizzarra che non ho ancora abbastanza indagato: a sinistra un gruppetto di ragazze cinesi di impressionante bravura mischiato a un paio di ragazze russe e una di Israele. Punte avanzate: ragazza con dread della padania e lo studente-lavoratore che quando non è qui si stressa alla guida dei bus fiorentini. Al centro, ragazzo con orecchino di Saluzzo, poi di tre quarti l’iraniano nero compatto, poi un terzetto di cinesi maschi piuttosto effervescenti che tampina con determinazione d’altri tempi concentrate bellezze italiane… Al centro la pedana dove di pomeriggio posa Antonella e la mattina Massimo e dove – dopo breve contrattazione (pose lunghe? in piedi solo veloci, meglio, grazie), si allestisce una piccola rappresentazione.

Ho capito che c’è bisogno di raccontare una storia, evocare una Figura Classica che il corpo nudo del modello andrà docile a incarnare. Il racconto aiuta l’ala dell’invenzione altrimenti un po’ rattrappita dalla difficoltà del disegno. Che è l’esercizio spericolato di mettere insieme quello che uno vede con quello che ha già nella sua testa e di costringere il tutto a riapparire sul foglio attraverso l’obbedienza della mano.

Una cosa da paura, ma si può imparare, ve l’assicuro, fidatevi.

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