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Nuove Brigate Rosse, la Cassazione annulla le condanne. Ma i 12 imputati restano in carcere

Al gruppo era stato contestato anche il piano di un attentato contro il giuslavorista Ichino. L'accusa di "finalità terroristiche" sarebbe stata ritenuta generica dalla Corte, accolta invece la ricostruzione dei fatti. Il processo torna in appello
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Il giuslavorista Pietro Ichino

Annullate le condanne dei 12 presunti componenti delle “Nuove Brigate Rosse”, accusati fra l’altro di aver progettato un attentato al giuslavorista Pietro Ichino. Lo ha deciso la corte di Cassazione, disponendo un nuovo processo d’appello. Nel frattempo, però, gli imputati detenuti non verranno scarcerati.

Le motivazioni non sono ancora state rese note, ma la decisione sarebbe basata sulla genericità dei capi d’imputazione, in particolare la finalità di terrorismo, contestata a tutti gli accusati. Annullata anche la costituzione di parte civile dello stesso Ichino. La IV sezione penale della Cassazione avrebbe invece accolto al ricostruzione dei fatti riportata nelle sentenze precedenti.

Gli imputati erano stati condannati in primo grado nel giugno 2009. Un anno dopo la conferma in appello. Le pene più pesanti erano andate a Davide Bortolato e Claudio Latino, considerati i leader delle cellule padovana e milanese (14 anni e 7 mesi). Undici anni e 4 mesi erano invece stati inflitti ad Alfredo Davanzo, ritenuto l’ideologo del gruppo, e ancora 13 anni e 5 mesi a Vincenzo Sisi; 10 anni e 10 mesi a Bruno Ghirardi; 10 anni e 8 mesi a Massimiliano Toschi; 8 anni a Massimo Gaeta. Altri 4 imputati avevano invece avuto pene inferiori ai 4 anni. Federico Salotto, in primo grado condannato a 3 anni e 6 mesi era stato infine assolto.

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