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La Rete crea ricchezza
o posti di lavoro?

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Da qualche tempo i puristi delle tematiche del lavoro tuonano contro le grandi aziende digitali, da Google a Apple passando oggi più che mai per Facebook. La critica, neanche tanto velata, è che queste nuove imprese non danno lavoro, quindi di conseguenza non creano occupazione sui territori dove sono localizzate: a riprova di questa tesi, che dichiaro subito di non condividere, c’è il numero dei dipendenti. In fondo, affermano questi puristi, i numeri sono numeri.

Così la macchina da guerra dei social network rappresentata da Facebook si appresta a gestire quasi un miliardo di persone interconnesse con soli 3.200 dipendenti. In America le due società a maggiore capitalizzazione sono oggi Apple e il colosso petrolifero Exxon. La prima è espressione di un’economia digitale e la seconda di una fisica e tradizionale. Apple ha 425 miliardi di dollari di capitalizzazione spalmati per 60mila dipendenti, Exxon dà lavoro a 103mila dipendenti.

In questo caso il confronto a prima vista risulta impressionante. Ma andiamo oltre perché in realtà le cose stanno diversamente. Dall’America all’Europa: pochi giorni fa uno studio Deloitte ha calcolato che Facebook avrebbe creato in Europa occupazione per 232mila lavoratori, di cui 34mila in Italia.

Così ha scritto pochi gioni fa Massimo Sideri sul Corriere: “Il sospetto a caldo è che l’econonomia digitale sia a bassa intensità di capitale umano. Ma in realtà occorre considerare che più che creare posti di lavoro, Facebook li farebbe circolare”. Il lavoro circolare è quello che si crea grazie all’indotto e al potenziale della Rete, un lavoro certamente meno stabile ma che alimenta la piccola imprenditoria, le start up e le aziende “liquide” ed effervescenti.

Qualche mese fa un’altra indagine, quella della McKinsey, ha concluso che nello scontro titanico tra vecchi e nuovi business il saldo è positivo: i posti di lavoro sono aumentati e l’indotto dell’economia digitale è in crescita. Certamente la Rete non è la panacea di ogni male e per affrontare le problematiche del mondo del lavoro occorre fare valutazioni ben più complesse, ma attenzione a demonizzare a prescindere le nuove economie digitali.

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