Nell’ultimo bilancio di Roma Capitale, alla voce patrimonio immobiliare, la giunta capitolina ha inserito l’acquisto in permuta dello stabile sito al civico 8 di via Napoleone III. Lo stesso che, nel dicembre del 2003, veniva occupato da un gruppo di neofascisti. In quei giorni, in quell’enorme palazzo di proprietà del Demanio (illo tempore, sede dell’ente fascista per l’istruzione media e superiore), nel quartiere di piazza Vittorio, a pochi passi dalla stazione Termini, nasceva CasaPound: centro sociale di estrema destra, con quel nome preso in prestito dal poeta statunitense affascinato dal duce (e finito poi in un manicomio criminale di Washington).

Adesso i sedicenti “fascisti del terzo millennio” potrebbero perdere il nome: la figlia di Ezra Pound infatti, dopo l’omicidio di due senegalesi avvenuto a Firenze per mano di un attivista di Casa Pound , è pronta a far causa al movimento guidato da Gianluca Iannone, costringendolo a cambiare nome (un’organizzazione del genere, secondo Mary Pound de Rachewiltz, non avrebbe nulla a che vedere con suo padre). In realtà già da parecchio tempo, la figlia dello scrittore dei “Cantos pisani” aveva preso le distanze dal movimento di ultradestra, definendo gli appartenenti “ragazzi dalle menti confuse” e l’uso del nome del controverso padre-poeta “un abuso, che finisce per distorcerne il significato del lavoro”.

Senza nome, se i giudici accoglieranno l’istanza della figlia del poeta statunitense (nelle prossime settimane sarà celebrato il processo), ma con qualche struttura in più. Come quella nel quartiere Esquilino, in cui Casa Pound potrà continuare a rimanere nella più totale legalità. Nell’ambito della cosiddetta regolarizzazione delle occupazioni abusive infatti, l’amministrazione Alemanno, rifacendosi ad un elenco di stabili occupati, presente in una delibera, la 206, approvata dalla giunta di centrosinistra nel 2007, ha siglato un accordo con l’Agenzia del Demanio per l’acquisto in permuta del candido (mica tanto) palazzo dei cuori neri (approvato con la delibera di giunta n.100 dell’8/4/2009). Valore complessivo dell’immobile: 11,8 milioni di euro. Già, perché quella di via Napoleone III non è solo la sede nazionale di un movimento politico di ispirazione fascista, frequentato spesso da neonazisti, alcuni dei quali noti per una lunga serie di aggressioni compiute in tutta Italia; non è solo un centro sociale, in cui si tengono varie iniziative di cultura fascista, tra cui presentazioni di libri e dibattiti sulla creazione di un uomo nuovo o sull’ autarchia economica; è prima di tutto, lascia quasi intendere il vicepresidente di CasaPound e consigliere del XX municipio di Roma, Andrea Antonini “un’occupazione a scopo abitativo”, in cui risiedono circa una ventina di famiglie “in stato di grave emergenza abitativa”.

Ecco allora giustificata l’operazione di acquisto in permuta del palazzone bianco, ancora però da formalizzare. “Avverrà sicuramente entro i prossimi mesi”, afferma il capogruppo del Pdl in Campidoglio, Luca Gramazio. E le altre trenta occupazioni da sanare (quelle dei movimenti della sinistra romana), inserite in quella famosa delibera approvata della giunta Veltroni? Per quelle ci sarà tempo. Lo stabile di via Napoleone III infatti “è l’unica occupazione abitativa – sottolinea Andrea Alzetta, consigliere comunale del gruppo “Roma in Action” – tra quelle inserite nella delibera 206 del 2007, che sta dentro questa partita di giro”.

La delibera di giunta verrà votata nei prossimi mesi. Ma se si desse il via libera definitivo all’acquisto in permuta di quello stabile, occupato da nove anni dai “nipotini del duce”, Casapound resterebbe lì? “Cercheremo di impedire l’acquisto con le unghie e con i denti”, promette il consigliere comunale Gianluca Quadrana (Lista Civica). In molti però sono pronti a scommettere che si tratti di un regalo.

Non l’unico sembrerebbe: in una mozione di circa un mese fa infatti, il leader di Action, Alzetta, scriveva ”pare che l’amministrazione stia provvedendo all’assegnazione a CasaPound di un casale”. Un enorme casale abbandonato, alla periferia di Roma: via Settebagni 531, zona Bufalotta. Una struttura posta sopra una “strategica” collinetta. Forse un po’ fatiscente (un pastore ci rivela che le sue pecore la notte dormono lì) e il cui onere di ristrutturazione, spetterà probabilmente ai nuovi “proprietari”. Ma distante quanto basta dagli sguardi indiscreti dei vicini (l’unico: una ditta di autodemolizioni). E circondata da almeno un paio di ettari di terra. “L’accordo del tutto soddisfacente, trovato con il Campidoglio” di cui, a fine maggio, parlava il vicepresidente di CasaPound, in seguito allo sgombero dell’edificio di via val D’Ala (occupato il mese prima dai militanti di CP) era questo.

Da non dimenticare poi i finanziamenti di cui ha goduto sinora il movimento neofascista, trasformatosi all’occorrenza in una discoteca della movida dell’estate romana, accaparrandosi i fondi stanziati dal Comune di Roma; in una associazione di promozione sociale “Isola delle tartarughe” o in una delle tante Onlus (Solidaritè ed Identitès, Popoli onlus, Uomo libero), per usufruire degli introiti derivanti dal canale del 5 per mille.

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