Lo Stretto di Hormuz

L’Iran minaccia, gli Stati Uniti rispondono. Con lo stesso tono. E scoppia la guerra di nervi, con rischi ancora incalcolabili per l’equilibrio già precario dei rapporti tra i due Paesi. Punto di conflitto è stato l’ipotizzata chiusura da parte di Teheran dello stretto di Hormuz -crocevia fondamentale per le esportazioni del petrolio da parte dei Paesi del Golfo membri dell’Opec – in caso di nuove sanzioni internazionali nei suoi confronti come ritorsione al programma nucleare di Teheran. Oggi è arrivata la replica degli States. ”Ogni impedimento alla navigazione nello stretto di Hormuz non sarà tollerato” ha detto un portavoce della V Flotta americana, commentando l’intenzione iraniana di bloccare il transito del petrolio nel Golfo come rappresaglia contro l’inasprimento delle misure.

Anche l’Europa non è rimasta a guardare, esprimendo una posizione netta sulla questione. “Non ci faremo intimorire dalle minacce di Teheran e andremo avanti con una nuova tornata di sanzioni, come indicato nelle settimane scorse” ha affermato Michael Mann, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton. “L’Ue prevede un’altra serie di sanzioni contro l’Iran e non rinunciamo a questa idea”, ha detto Mann, ricordando che una decisione in proposito – e che potrebbe prevedere anche un embargo petrolifero – potrebbe essere presa alla prossima riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue in calendario il 30 gennaio.

Tutto è iniziato ieri, con l’Iran che ha usato l’arma commerciale dell’oro nero per intimidire l’Occidente. L’avvertimento è stato lanciato dal primo vice presidente iraniano Mohammad Reza Rahimi: “Se (l’Occidente) dovesse imporre sanzioni contro (le esportazioni) di petrolio iraniano, nessuna goccia di petrolio transiterà più attraverso lo stretto di Hormuz. Non abbiamo alcun desiderio di ostilità o di violenza ma i nemici rinunceranno ai loro complotti solo il giorno in cui li costringeremo a stare al loro posto”. Parole inequivocabili, che pongono più di un grattacapo a chi è pronto a stringere la morsa delle sanzioni contro l’Iran.

Una minaccia che era nell’aria da sabato scorso, ovvero da quando la marina iraniana aveva iniziato i dieci giorni di esercitazioni militari nelle acque a Est dello stretto di Hormuz, permettendo il dispiegamento delle forze navali in un’area di circa 2mila chilometri. Il test – denominato ‘Velayat 90‘ (Supremazia) – non ha lo scopo di bloccare lo stretto, anche se il comandante Habibollah Sayyari ha spiegato a Press Tv che la marina iraniana avrebbe la “capacità” di chiudere il passaggio, se arrivasse un simile ordine.

Lo stretto di Hormuz, che divide l’Iran dall’Oman, rappresenta l’unica via di accesso al mare aperto per i grandi esportatori di petrolio affacciati sul Golfo. Nel 2009, il 33 per cento del greggio trasportato via mare è passato per Hormuz, il 17 per cento del petrolio commerciato complessivamente nel pianeta. Nello stesso anno, circa 15,5 milioni di barili hanno attraversato lo stretto, provenienti da giganti dell’oro nero come Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi e Iraq e diretti in Asia, Stati Uniti ed Europa Occidentale.

E lo stesso avviene per il gas naturale allo stato liquido estratto dal Qatar. Da questo dato di fatto deriva la certezza che la chiusura dello Stretto innescherebbe un balzo del prezzo dei barili, con ampie ripercussioni sul traffico mondiale del greggio. La minaccia di Teheran, tra l’altro, arriva nel pieno dell’escalation di tensione tra l’Iran e l’Occidente, specie dopo che lo scorso 8 novembre l’ultimo rapporto dell’Aiea (Agenzia internazionale dell’energia atomica) aveva denunciato gli scopi militari del programma nucleare iraniano indicando anche un possibile piano per costruire l’atomica. Teheran aveva seccamente smentito ma il rapporto aveva indotto diversi Paesi occidentali ad invocare nuove e dure sanzioni, peraltro finora non applicate. Ora, la nuova minaccia iraniana rischia di delineare scenari ancora più cupi, con le navi della quinta flotta americana (con base in Bahrein) che pattugliano da tempo la vicina area del Golfo. L’escalation della crisi diplomatica, dopo le odierne parole del portavoce della V Flotta americana, rischia di rappresentare un punto di non ritorno.

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