C’era il pittoresco Raimondo Venturi, quello che pronosticava i cosiddetti “tri gnuc” per poi raccogliere più sconfitte che triplette, e c’era il veronese Peppino Brizzi, detto fularino e parrucchino, più attento alla tabaccaia davanti alla stazione che ai rinforzi per il centrocampo.

Sembrano passati secoli, ma la svelta galleria di presidentissimi, o presidentini, del Bologna F.C. raccontati in Presidenti e Contorno (Perdisa editore) da Gianfranco Civolani, sono come i prodromi di quello che avverrà. Come dire, non ci sarebbe stato un recentissimo Sergio Porcedda, senza un certo Tommaso Fabbretti o un altro tal Piero Gnudi. O ancora: non ci poteva essere un re (e principessa) tentenna, con amicizie discutibili (Moggi) come Renzo e Francesca Menarini, se non ci fosse stato un altrettanto fosco Luciano Conti (non a caso ai due sono succeduti rispettivamente Porcedda e Fabbretti).

Il caravanserraglio di nomi e ricordi civolaniani rasentano l’aneddotica e si sviluppano sull’ “io c’ero”, partendo dall’epoca d’oro di Renato Dall’Ara, quello dell’ultimo scudetto del Bologna, fino alla sfilza di presidenti dell’ultima traballante annata rossoblu (Zanetti-Pavignani-Guaraldi). Ed è piacevole rievocare episodi di assoluto provincialismo (i presidenti ancora ad esprimersi in dialetto o con i congiuntivi sballati), di follia per le gonne altrui (Dall’Ara davanti al gruppo), di trasferte europee inaffrontabili in compagnia dei leader massimi della società. Ma anche gli ultimi episodi ad effetto che presto si dimenticano ma che fanno un male boia: si veda quell’Alfredo Cazzola che prima scende perfino in mezzo al campo, a bloccare la partita col Brescia, accusando gli arbitri presenti e il calcio di essere corrotto davanti a uno stadio in visibilio, poi vende la società a tal Joe Tacopina, un terribile pataccaro che poi sparirà nell’anonimato dalla quinta avenue.

Su tutti, però, almeno un paio di storie che hanno reso il Bologna fenomeno da baraccone e vetrina di sogni possibili. Ecco gli anni ottanta della presidenza Gino Corioni, il Coriao Meravigliao, come lo chiama il Civ, più in ricordo del brasiliano Geovani, persosi tra il centro d’allenamento di Casteldebole e lo stadio Dall’Ara, che dell’epoca dissoluta di un più benevolo craxismo. Guarda caso è il momento del calcio a zona e il Gigi Maifredi rossoblu, inventato dal pres. bresciano, porta il Bologna dalla C alla A, ma diventa anche la brutta e sfasciata copia di quel modulo alla Sacchi che farà poi grande il Milan e il suo padrone assoluto, Berlusconi.

Oppure ci sono gli anni novanta del dandismo esasperato ma vincente del cavalier Gazzoni Frascara in coppia col comunistissimo Renzo Ulivieri in panchina. Qui si toccano le vette del sublime politico, oltre che dell’alta classifica (settimo e ottavo posto) e delle gran giocate di calcio (Baggio, vi dice qualcosa?). Civolani racconta di questo pranzo a casa Ulivieri con Gazzoni seduto a tavola e la signora Manuela che sforna manicaretti prelibati. Poi ad un certo punto, il conflitto insanabile. Il cavalier Idrolitina chiede pietà: “Signora Manuela può spostare la statuetta di Lenin dal tavolo? Altrimenti i suoi manicaretti non mi vanno più giù”.

d.t.

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