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C’era una volta la libertà di stampa

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Un tempo, quando c’era la libertà di stampa, il buon borghese comprava il suo giornale, guardava sommariamente le notizie ma poi cercava soprattutto un commento, firmato da qualcuno di cui si fidava, che gli spiegasse come andava il mondo. Poi sono arrivate la radio, la televisione, la free press, infine internet; il buon borghese è diventato il fruitore dei media, ma una cosa è rimasta: cerchiamo ancora affannosamente qualcuno di cui fidarci, che ci spieghi come va il mondo. Il problema è che oggi lo troviamo sin troppo facilmente; c’è abbastanza scelta di opinion maker, in rete, perché ognuno trovi quello che la pensa esattamente come lui.

Questa storia non smette di girarmi per la testa da quando un campione rappresentativo di italiani, interrotti mentre cenavano da una telefonata degli intervistatori della Demos, ha decretato, al 40,4%, che l’informazione più libera si ha in internet; segue il 21,2%, il quale ritiene più libera l’informazione televisiva, mentre solo il 17,8% dichiara di preferire l’informazione sui quotidiani. Questo risultato sembra allo stesso tempo ovvio e sorprendente.

Che l’informazione sia più libera su internet è ovvio: sia dal lato di chi informa, sia dal lato di chi viene informato. Dal lato di chi informa, chiunque può mettersi in rete e dire quello che vuole: l’opinione è quasi senza filtri, anche se non necessariamente più credibile. Dal lato di chi viene informato, ognuno si sceglie le proprie fonti di informazione; non è più costretto a credere ai telegiornali, che pure ancora l’83,6% dichiara di consultare tutti i giorni, e neppure ai quotidiani: i quali – specie da noi, e nell’era berlusconiana – si sono trasformati in partiti, tanto è diventato difficile trovare, sulle loro pagine, un’opinione fuori dal rispettivo coro.

La cosa sorprendente, ma neppure tanto, è l’effetto complessivo, ormai tanto evidente da noi quanto negli Stati Uniti: omologazione delle opinioni sui singoli siti o blog, loro polarizzazione e radicalizzazione nel complesso. Ognuno si sceglie l’opinione che vuole sentire e se ne convince sempre più graniticamente: stupendosi persino, a un certo punto, che possa ancora esistere qualcuno che la pensa diversamente da lui.

Non esiste più un’opinione pubblica
, ossia comune: esistono solo tante opinioni individuali quanti sono i blogger di riferimento. Naturalmente, ci sono eccezioni; ma, in generale, possiamo solo raccomandarci al dio della libera stampa che ci conservi spazi aperti, dove possano ancora incontrarsi, e scontrarsi, opinioni differenti.

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