Il presidente francese Nicolas Sarkozy

In tanti puntano il dito contro Parigi. E in particolare contro le banche francesi, che sarebbero all’origine del patatrac attuale, dopo aver investito a iosa nei bond della Grecia, ai tempi considerata come “la nuova tigre dell’Europa del Sud”. Una cosa è certa: in Francia da finanziaria la crisi attuale sta piombando dritta sull’economia reale. Tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2012 anche il Paese transalpino cadrà in recessione.

I dati sono stati pubblicati stamani dall’Insee, l’istituto statistico francese, equivalente del nostro Istat. Si tratta della previsione per il Pil, il Prodotto interno lordo, nel periodo ottobre-dicembre 2011 (-0,2%) e di quella per il gennaio-marzo 2012 (-0,1%). Due trimestri consecutivi con il segno negativo indicano tecnicamente l’avvio di una recessione. Che, apparentemente, sarà breve e non profonda (si tratta di flessioni minime). Ma pur sempre recessione sarà.

L’Insee, in realtà, prevede una ripresa (ma timidissima, +0,1% per il Pil) nel secondo trimestre 2012. Ma mette le mani avanti per l’anno prossimo nel suo complesso: sarà difficile, secondo gli esperti dell’istituto, centrare l’obiettivo di una crescita dell’economia dell’1%, come prevista dal governo (che, fra l’altro, rivede costantemente la stima al ribasso). E’ una brutta notizia per l’esecutivo, che proprio su quella previsione ha basato le due ultime manovre finanziarie aggiuntive, varate nell’estate, in piena crisi finanziaria, ribadendo (fino a oggi, lo stesso François Baroin, ministro dell’Economia) che non è necessario vararne di nuove. Gli ultimi dati rappresentano pure una brutta notizia per Nicolas Sarkozy, già in campagna per le presidenziali della prossima primavera.

Ma perché la locomotiva francese sta rallentando? Occupazione e investimenti delle imprese sono i punti deboli dell’economia del Paese. L’Insee prevede un rapido aumento della quota dei senza lavoro, che nel terzo trimestre 2012 dovrebbe superare la soglia del 10%, sopra la media europea (e peggio dell’Italia). Quanto all’investimento delle imprese non finanziarie, nel terzo trimestre di quest’anno si è già ridotto dello 0,3% e, secondo l’Insee, dovrebbe continuare a calare almeno fino alla metà del 2012.

L’ultima volta la Francia era uscita dalla recessione nella primavera del 2009 – quella scatenata dalla crisi finanziaria del 2008 – come nel resto d’Europa. Ma allora Sarkozy aveva potuto tamponare le falle dell’economia del suo Paese mettendo mano alla spesa pubblica: sostenendo l’industria automobilistica e il comparto bancario. E lanciando ambiziosi progetti, infrastrutturali e non. Solo così aveva potuto dare ossigeno a un Paese, dove l’industria privata già arrancava, afflitta da problemi congiunturali e soprattutto strutturali. Oggi, invece, la situazione è cambiata. Il deficit pubblico dovrebbe toccare a fine 2011 il 5,7% del Pil: il Presidente ha le mani legate, soprattutto ora che ha la Merkel sul collo.

A Parigi, comunque, si continua a ostentare sicurezza. Oggi, a una domanda di un giornalista che ricordava come sia estremamente probabile che il suo Paese perda la tripla A, il rating che indica il massimo dell’affidabilità finanziaria, il ministro Baroin ha risposto che “la Francia è uno dei Paesi più sviluppati e solidi del mondo”. Non ha aggiunto altro.

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