"Salta Claus" di Giulio PicchiMi ritrovo a cenare con la bontà di un sugo finto, tirato su come un ragù, insieme a un giovane artista che, dovendo sintetizzare in un suo lavoro il clima di questo dicembre, ha esclamato: “Salta Claus!”.

Abbondantissimo soffritto di carota, sedano e cipolla, fino a un sicuro color oro tendente al rame. Lì, mi raccontavano le donne della mia famiglia, nessuna carne macinata veniva aggiunta per la necessaria rosolatura nelle ristrettezze dei tempi bui del ventennio. Anche se le varianti creavano sughi per pastasciutte o polente memorabili. Le stagioni, come i rapporti di amicizia, potevano fare arrivare, in quel pomodoroso sugo, un trito di carciofi o funghi raccolti all’Abetone. Ed era sempre e comunque gioia per quelle untuosità che finivano sui crosticini di pane pronti per pulire i piatti e i tegami di cottura.

L’Elvira arrivò con i cardi, ben puliti e sfilati. E mentre la dose del pomodoro necessario fu ridotta a un terzo, lei e mia madre tritarono ulteriormente il cardo, aggiungendolo alla cottura. Solo a quel punto, nel basso tegame furono versati un paio di bicchieri di latte, che lentamente si cagliò formando una salsa che si sbiancò ulteriormente con l’aggiunta di una manciata di prezioso parmigiano. Da allora, in famiglia, con quel sugo, ci abbiamo condito dei paccheri giganti o fatto alle volte un risotto. Ma con decisione unanime, ogni tanto, lo versiamo sopra una calda e soda polenta.

Sempre, in qualsiasi momento dell’anno, i veri e vari finti sughi, intorno al tavolo, ci fanno respirare un clima di festa, di amicizia e di stima familiare.
Buon Natale a tutti!

In alto, “Salta Claus” di Giulio Picchi. Per ingrandire clicca qui

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