Hamas e al Fatah tentano una riconciliazione annunciando elezioni nel 2012 e l’attuazione dell’accordo di maggio per riunire sotto un governo congiunto i Territori palestinesi, e Israele minaccia un possibile gelo delle relazioni con l’Autorità nazionale palestinese. Non è piaciuto affatto al governo israeliano di Benjamin Netanyahu, infatti, l’incontro di ieri al Cairo tra il presidente dell’Anp e leader di al Fatah, Abu Mazen, e la guida del partito islamico di Hamas, Khaled Meshaal, nel quale i due hanno detto di aver rimosso “ogni divergenza” passata e di essere determinati “ad aprire una nuova pagina” basata su un partenariato. Lo stesso che avrebbero già dovuto avviare da maggio scorso, quando era stato annunciato un piano di pacificazione poi sostanzialmente mai attuato.

Tanto che l’esecutivo di Tel Aviv, in una consultazione ministeriale convocata d’urgenza la scorsa notte per discutere dell’incontro cairota, ha chiarito immediatamente la sua posizione davanti all’ipotesi di un governo palestinese unitario sostenuto dal partito islamico che dal 2007 controlla la Striscia di Gaza: “Ogni avvicinamento fra l’Anp di Abu Mazen e Hamas allontana ulteriormente la pace”. Opinione poi riassunta dal vicepremier israeliano Silvan Shalom, secondo il quale Tel Aviv non è disposta a collaborare con un governo unitario palestinese se quest’ultimo non accetterà in pieno le condizioni del Quartetto composto da Unione europea, Stati Uniti, Russia e Nazioni unite. Ovvero, oltre al ripudio del terrorismo, il riconoscimento dello Stato che Hamas non ha mai formalmente accettato.

Del resto già nella giornata di ieri erano arrivate critiche da parte israeliana con il portavoce del governo per i media arabi, Ofir Gendelman, che aveva ribadito come “L’unione dell’Anp con Hamas avrà serie conseguenze per il futuro del popolo palestinese”. Fino all’ultimo, del resto, Netanyahu aveva tentato di dissuadere Abu Mazen dal formare un governo con Hamas mentre il ministro degli esteri Avigdor Lieberman ha minacciato “un gelo” nelle relazioni con l’Anp. Tuttavia l’accordo, secondo fonti vicine al governo israeliano, avrebbe al momento un valore “prevalentemente tattico” e sarebbe ancora tutto da strutturare. In ogni caso la stampa palestinese oggi parla di “intese importanti” e fa riferimento a un terreno comune di cooperazione politica, mentre per quanto riguarda la questioni della composizione del governo di esperti che dovrebbe traghettare i palestinesi a nuove elezioni le trattative sarebbero ancora tutte da venire. Soprattutto per quanto riguarda la difficile mediazione sui nomi dei possibili nuovi ministri, con al Fatah che potrebbe spingere per la riconferma di Salam Fayyad, mentre Hamas potrebbe preferirgli un esponente della striscia di Gaza. Proprio di questo le due delegazioni dovrebbero discutere in altri tre colloqui previsti tra il18 e il 22 dicembre prossimi.

Dall’incontro di ieri, il secondo da quando lo scorso maggio al Fatah e Hamas avevano annunciato un patto di riconciliazione, sono in effetti emerse poche informazioni concrete, al di là della conferma del maggio 2012 come periodo per elezioni presidenziali e politiche nei Territori “a meno che le due parti – come riporta l’agenzia di stampa Maan – non decidano un’altra data, di comune accordo”. Per il resto, Abu Mazen e Meshaal hanno parlato di un nuovo “partenariato” lasciando di fatto alle rispettive delegazioni il lavoro sui contenuti specifici. L’accordo, qualora si rivelasse saldo, potrebbe risolvere l’impasse politica palestinese che vede da quattro anni i Territori in Cisgiordania e la Striscia di Gaza governati da due esecutivi contrapposti.

di Tiziana Guerrisi

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