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La burocrazia in Italia ha il senso dell’umorismo

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Questa è una storia italiana ed è una storia vera. Nel 2005 ho costituito con altri soci una società di capitali che, in base alla legge regionale in materia, avrebbe dovuto promuovere un investimento di una certa rotondità soggetto ad una particolare autorizzazione amministrativa.

Nel dicembre 2006, completata la fase di individuazione, di progettazione e di acquisizione dell’area, viene fatta istanza al Comune per la convocazione della conferenza dei servizi che avrà il compito di rilasciare l’autorizzazione unica (quella del c.d. sportello unico). Il Comune richiede alla Regione la convocazione della conferenza nel gennaio 2011 e quest’ultima viene fissata dalla Regione solo nel luglio 2011.

Ovviamente, nessuno dei partecipanti intervenuti alla conferenza aveva avuto modo di leggere l’aggiornamento delle carte, dopo cinque anni dalla originaria richiesta, e la conferenza è tuttora in attesa di fissazione della prossima puntata.

Ma non è tutto. Proprio in questi giorni mi è giunto, in qualità di legale rappresentante, un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate che rileva il fatto che la società, pur attivata nel 2005, nel 2006 non ha riportato ricavi e quindi rientra, per tutta una serie di motivazioni e norme sull’accertamento fiscale, nell’ambito delle c.d. società di comodo, con attribuzione d’ufficio di ricavi presunti, imposte e sanzioni.

Mentre una burocrazia ti blocca, l’altra te ne chiede conto. Come il rapinatore che ti tiene fermo sotto minaccia mentre il complice ti sfila il portafoglio. Nel frattempo, però, lo scenario economico è cambiato a livello mondiale così come sono cambiate le valutazioni di opportunità e i business plan. Ma il tempo che passa è un problema semmai per l’impresa, non certo per la burocrazia.

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