Da un lato l’Unione europea che ancora questa mattina è tornata a chiedere “interventi chiari e timing preciso”, dall’altro i mercati, al centro il braccio di ferro con la Lega. E nella manica non un asso, bensì una carta d’attesa: una lettera di 14 pagine in cui il premier presenterà all’Unione europea ciò che è stato fatto e ciò che si intende fare. Anzi, una “letterina”, come l’ha ribattezzata questa mattina con una battuta Gianni Letta, ancora da completare e “rimettere a punto” prima di mandarla alla Ue. Silvio Berlusconi si presenterà così a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo che dovrà decidere della bontà dei provvedimenti sulla crescita e, di conseguenza, sulla tenuta del suo governo. Il problema, però, è che le misure per lo sviluppo non ci sono o, meglio, sono le stesse delle due manovre finanziarie d’estate. E in Europa sembrano essersi accorti della cosa, tanto che il commissario al Bilancio Janusz Lewandowski è arrivato ad accusare esplicitamente la mancanza di “volontà politica”. Quello che serviva all’Italia – ha detto in una intervista – era “dare prova di un attendibile scenario di scenario di riduzione del debito e del deficit con una forte volontà politica”, a partire “dal luglio scorso”, quando “il pacchetto di misure è stato votato in parlamento”. “Ma poi – ha aggiunto – non si è fatto molto”. E dopo Bruxelles, il premier al suo rientro in Italia domani dovrebbe presentarsi in aula a presentare una relazione sull’esito dell’incontro. Lo hanno chiesto i gruppi parlamentari dei partiti di opposizione a Palazzo Madama.

L’accordo con la Lega – L’obiettivo del governo è raggiungere i 67 anni d’età nel 2026 anche per le donne del settore privato. Nessun altro riferimento alla riforma previdenziale, ma solo l’indicazione del raggiungimento di questo obiettivo che così equipara l’età pensionabile delle donne nel privato a quelle del settore pubblico. Su questo punto la Lega ha dato il suo assenso, ribadendo tuttavia la netta opposizione a qualsiasi intervento sulle pensioni di anzianità. Nulla di diverso da quanto siglato nell’accordo sul decreto della manovra del 13 agosto scorso. Per il resto nella missiva rientrano misure sulle liberalizzazioni, sulle privatizzazioni, sulle semplificazioni normative a vantaggio delle imprese e sul piano delle infrastrutture. Berlusconi punta a ottenere dalla Unione europea a un via libera di massima sullì’impegno assunto dal governo italiano, convinto che i colleghi europei non attaccheranno l’Italia, anche per non compromettere la stabilità dell’Unione.

Oltre alla previdenza, le quattordici pagine della lettera toccano diversi punti: il contributo all’apprendistato (per questi contratti sarà ridotta la quota di contribuzione  a carico del datore di lavoro). I servizi pubblici (liberalizzazione dei servizi pubblici locali). Licenziamenti (possibile revisione delle norme con obiettivo di stabilire un indennizzo per il lavoratore). Il credito d’imposta (questo vale per chi assume nel Mezzogiorno). Privatizzazioni e dismissioni. Infine incentivi per l’assunzione delle lavoratrici.

Per arrivare a questo risultato ieri l’esecutivo ha vissuto la giornata più difficile della legislatura. Dopo 24 ore di vertici di partito e summit di coalizione, infatti, la montagna ha partorito due topolini: la missiva per Bruxelles e l’accordo con la Lega sulla riforma delle pensioni. Solo un brodino, quindi, per la fame di riforme del governo, che ora deve far passare per buona un’intesa al ribasso. La “vittoria” leghista è confermata anche dal titola d’apertura de La Padania, che in prima pagina rilancia il concetto con toni trionfalistici. Incassata la vittoria di Pirro, il presidente del Consiglio cercherà di aggirare l’ultimatum di Bruxelles, che attende di conoscere i contenuti e il calendario del pacchetto per il rilancio della crescita. Sarà un attesa vana, che il Cavaliere cercherà di aggirare con un memorandum di intenti.

Quest’ultimo punterà su due diversivi: l’ennesima riproposizione di ciò che è stato fatto (le finanziarie di agosto e settembre) e le rassicurazioni su ciò che si vorrà fare, ovvero il pareggio di bilancio entro il 2013. Con quali strumenti? Sempre gli stessi: solide basi per il gettito da recuperare con la lotta all’evasione e ferrea volontà di confermare i tagli. Quanto alla ripresa, Silvio Berlusconi confermerà l’intenzione di procedere sul fronte delle liberalizzazioni, delle privatizzazioni, delle dismissioni così come su quello della riforma del mercato del lavoro e della ‘sburocratizzazione’ per le imprese. Per quanto riguarda le pensioni, invece, il capo del governo annuncerà i piccoli ritocchi concessi dalla Lega e cercherà di confermare la sostenibilità del sistema pensionistico italiano.

L’Europa gli crederà? Può darsi, anche se questa mattina sono circolate le intenzioni poco “amichevoli” di Angela Merkel, che invoca una revisione dei trattati Ue in funzione di una sempre maggiore severità verso chi sfora i vincoli di bilancio. Ma Berlusconi crede comunque che Germania e Francia non potranno protestare più di tanto visto che una caduta dell’Italia rischia di trascinare nel baratro anche tutta l’economia continentale. Se l’Europa accettasse il compromesso made in Italy, però, il governo dovrà superare un altro esame, ancor più arduo. Giovedì, infatti, i mercati potrebbero condannare definitivamente la mancanza di uno strumento per la crescita del Paese. E in tal caso Berlusconi dovrà davvero mettere mano alle pensioni di anzianità o studiare qualche exit strategy, con il rischio concreto che Umberto Bossi decida di staccare davvero la spina.

In questa direzione vanno lette le indiscrezioni circolate, a cominciare dall’ipotesi di un governo Letta o Schifani in caso di fine anticipata dell’esecutivo, con allargamento ad una coalizione di responsabilità e conseguente strappo definitivo con il Carroccio. Berlusconi, però, a questa eventualità non vuole neanche pensare: proverà a resistere, almeno fino a Natale, in modo da preparare una uscita di scena ‘dolce’ che potrebbe arrivare a gennaio. Ma il 2012 è ancora lontano: il futuro del presidente del Consiglio e del suo esecutivo è nelle mani dell’Europa e dei mercati finanziari.

L’opposizione – Intanto i gruppi parlamentari dell’opposizione a Palazzo Madama chiedono che il presidente del Consiglio venga a riferire domani sulla sua partecipazione di oggi al vertice di Bruxelles. A prendere la parola a inizio seduta è il vicepresidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, che invita la presidenza del Senato a “sollecitare” Silvio Berlusconi a riferire sul suo viaggio a Bruxelles perché “in una fase della storia del paese di una delicatezza che non c’è mai stata dal dopoguerra, il Parlamento è tenuto totalmente fuori da una questione vitale per il nostro futuro”. Achille Serra a nome del Terzo Polo e Fabio Giambrone per l’Idv si associano alla richiesta del Pd.

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