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La legge del mare contro quella di Bobo Maroni

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Terraferma di Emanuele Crialese vola alto. Verso gli Oscar. Intanto, eccovi una nota a margine del film che ho appena visto. Poetico nella fuga di immagini e sinfonico nei dialetti. Una Sicilia antica, nobile nella sua povertà, vede calpestare la sua millenaria legge del mare, immutabile e sacra, dalla grettezza delle norme anti-immigrazione, sullo sfondo della tutela del turismo ciabattone. Una famiglia di moderni Malavoglia che vive ancora in un tempo cristallizzato, fatto di pesca e di codici d’onore, si imbatte inconsapevole nella tragedia delle carrette del mare. Il vecchio Ernesto ha una sola regola trasmessagli dalla notte dei tempi: “Non si lascia nessuno in mezzo al mare”. E si butta a salvare quattro clandestini, imbarcandoli a bordo. Ma le autorità cosa fanno? Gli sequestrano la barca, suo unico reddito. Il finanziere, arrogante, pedante e lumbard, gli ribadisce che nell’Italia di oggi si applicano le nuove ordinanze della Capitaneria di Porto: è vietato dare soccorso ai clandestini. Ci pensa la Guardia di Finanza. Ernesto e i vecchi isolani non possono concepire di tradire il loro codice e si chiedono: “Se allora vedo in mare uno di colore, cosa devo fare? Cambiare rotta?”

Maroni & Company faranno pure il loro lavoro, seppur con “sensibilità” leghista, ma come farsi accettare dal vecchio e il mare? Come soppiantare delle leggi non scritte, ma più antiche e rispettate delle Sacre scritture, con un decreto del Ministero degli Interni?

Promesse da marinaio, anche quelle di Berlusconi. L’anno scorso aveva promesso di comprare la villa più bella del reame di Lampedusa, Villa Due Palme, per rassicurare gli isolani sulle buone frequentazioni del posto. In realtà fu solo una mossa di marketing, la villa è ancora in vendita sui siti delle migliori agenzie immobiliari.

di Januaria Piromallo

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