Chissà quante volte, in questi ultimi dieci anni, Haidi Giuliani, la mamma di Carlo, ha dovuto fare i conti con l’immagine del figlio colpito a morte da un carabiniere durante gli incidenti del G8 di Genova del luglio 2001: il sangue, il foro in testa, il capo immobile sulla strada, le contusioni sulle braccia, il Defender della forza pubblica. Sono frammenti di una memoria collettiva che da dieci anni a questa parte prova a farsi verità, forte di una quantità di filmati impressionante, di testimoni, di feriti, di aule di tribunale.

Venerdì sera, per il Festival di Internazionale a Ferrara, il teatro comunale ospitava una rappresentazione dal titolo: “I giorni di Genova”. Ed era colmo.

C’era anche Haidi Giuliani. Era al centro della platea, mentre l’attore Blas Roca Rey dava voce al soggetto scritto e diretto da Carlo Augusto Bachschmidt, architetto regista affinatosi sulle vicende del G8 genovese (proprio quest’anno ha dato alla luce anche “Black Block”, menzione speciale all’ultimo Festival del cinema di Venezia).

Nel buio della sala, mentre sullo schermo alle spalle del palco passavano le immagini del ragazzo morto, era difficile immaginare che quella mamma fosse lì, a rivivere un lutto in loop, come decine di altre volte in questi anni.

Eppure l’opera di Bachschmidt, che si spera dopo la prima ferrarese trovi le gambe per camminare nel resto d’Italia, forse per la prima volta racconta quella morte (e i successivi pestaggi della scuola Diaz) nelle sue direttrici essenziali: le telefonate al centralino della Questura con i genovesi spaventati che chiedono se prima o poi sarebbe arrivata la polizia a contenere il “blocco nero” che dava fuoco ad auto, cassonetti, negozi nei quartieri a nord della stazione; lo sconsiderato arrivo sul “teatro” dei blindati dei carabinieri che giunsero in via Tolemaide a fronteggiare le tute bianche invece di arrivare più su, nel quartiere di Marassi, dove erano stati mandati per porre un argine ai “blck block”; le comunicazioni intercorse tra gli alti gradi in comando sulla piazza, con questi che chiedono: “Ma quelli che ci fanno lì?”. I tentativi di mettersi in contatto con questa pattuglia per dirgli di arretrare, spostarsi, evitare lo scontro. Tutti senza successo.

Saranno quei blindati (che le immagini ci consegnano lanciati a tutta forza per le vie del corteo, mentre gettano all’aria i cassonetti dell’immondizia posti sulla sede stradale) a dare l’innesco alla fuga nei vicoli di Genova, a ingrigire l’aria di fumogeni, a fornire pretesto alla guerra.

Bachschmidt ci racconta una storia carte alla mano. E’ una grande opera di cronaca che si conclude con le luci che si riaccendono, Blas Roca Rey che scende ad abbracciare la signora Haidi, e un applauso lungo e convinto della platea. Applaude anche Horacio Verbintsky, il giornalista argentino che per primo raccontò i voli della morte della dittatura di Videla. Dice: “E’ incredibile che quei dirigenti di polizia siano ancora lì, e siano anche stati promossi”. E’ incredibile, sono passati dieci anni.

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