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Crisi. E provare con un po’ di sinistra?

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“Dobbiamo cambiare la cultura dell’economia britannica. La cultura dei soldi guadagnati in fretta, delle speculazioni facili, dei bonus ingiustificati ai banchieri, la cultura che abbiamo avuto in questo Paese per trent’anni”. Sarebbe bello se la voce di Ed Miliband da Liverpool, congresso annuale del Labour, arrivasse nelle stanze dei partiti di sinistra in Italia. Perché mentre qui si rincorre sempre il centro, mentre nel Pd qualcuno s’imbarazza se Bersani si fa fotografare con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro (noto bolscevico), altrove si riscopre un po’ di sinistra mentre l’Europa sprofonda in una crisi epocale.

Come scrive il collega Salvatore Cannavò nel suo blog su ilfattoquotidiano.it, l’Europa risponde con un “manifesto liberista di inusitata durezza”. Si tratta della lettera che proviene dalla Banca centrale europea, firmata dal presidente uscente Jean-Claude Trichet e da quello in pectore Mario Draghi (che per qualche tempo solleticò la fantasia di alcuni politici anche del Pd come possibile successore di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi).

La ricetta dei super-banchieri continentali per rispondere alla crisi è la solita: togliere ancora a chi ha già pochissimo. Quali benefici può dare alle finanze italiane “riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi a livello d’impresa [Sergio Marchionne docet, ndr] in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende [e i lavoratori in ginocchio sui ceci no?, ndr] e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione”? Insomma, per salvare capra e cavoli la Banca centrale europea non trova niente di meglio che raccomandare di mandare al macero i contratti nazionali di lavoro.

Speriamo che qualcuno a sinistra si svegli e indichi Liverpool, non Francoforte.

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