La locandina di Pearl Jam 20Venti settembre 2011. E’ stato questo il giorno scelto dai Pearl Jam per festeggiare i venti anni di carriera assieme a tutti i fan sparsi per il mondo, che non hanno potuto partecipare alle celebrazioni svoltesi negli Usa ad Alpine Valley. Una serata all’insegna del rock vissuta al cinema dai numerosi appassionati quasi come fosse un concerto. Già perché in sala era questa l’aria che si respirava.

Pearl Jam Twenty è il film-documentario firmato da Cameron Crowe, che ripercorre la loro storia e soprattutto le loro emozioni mettendo in risalto i lati più intimi di una band schiva come la loro arte. Già perché chi li segue da vent’anni sa che è un gruppo di impatto, con un’energia che non ha smesso mai di diffondersi.

Il film è splendido, le scelte di Crowe sono azzeccatissime, un vero atto d’amore alla band e alla miriade di fan. Non era affatto facile metter in scena la vita di persone normali travestite da rockstar, Crowe è riuscito egregiamente anche a rappresentare l’avvenuta trasformazione.

Da pelle d’oca le immagini delle prime esibizioni, il racconto dei protagonisti di quando registrarono il demo tape che finì nelle mani di Eddie Vedder (passando anche in quelle di Jack Irons, futuro batterista dei Pearl Jam), su cui incide la sua voce, le sue canzoni e lo rispedisce a Seattle. E poi l’intervista a Chris Cornell (indimenticabile frontman dei Soundgarden) che con gli occhi lucidi ricorda il periodo in cui condivideva l’appartamento con Andy Wood, il compianto frontman dei Mother Love Bone, band da cui traggono origine i Pearl Jam e il racconto di come nasce l’idea del progetto noto col nome Temple of the Dog. Esilarante la gag sulla questione “batterista”, in stile film muto anni Venti, in cui si ripercorrono in pochi secondi gli anni con i batteristi che si sono succeduti, da Dave Krusen (1990-1991) a Matt Chamberlain (maggio-agosto 1991); da Dave Abbruzzese (1991-1994) a Jack Irons (1994-1998) fino all’attuale Matt Cameron.

Stupisce dopo venti anni vedere Eddie Vedder con gli occhi lucidi quando descrive l’amicizia con Jeff Ament e che si emoziona mentre mostra la foto del padre conosciuto come amico di famiglia e visto solamente un paio di volte prima che morisse con in sottofondo la splendida Release. Da brividi la scena in cui Eddie durante un concerto, dopo aver assistito a un brutto episodio (un fan portato via di forza dalla sicurezza perché ubriaco) cambia radicalmente nel suo modo di essere, trasformandosi da timido ragazzo proveniente da San Diego in un animale da palco, capace di travolgere e coinvolgere. E di arrampicarsi sulle impalcature quasi a rischiare la propria vita (Stone Gossard racconta che un paio di volte ha temuto che Eddie c’avrebbe rimesso la pelle).

Scavando negli archivi, Crowe ripropone il mitico balletto fra Eddie e Kurt Cobain agli Mtv Awards, Stone Gossard che rispolvera (nel vero senso della parola) il Grammy dallo scantinato.

E poi ottimo lo stile con cui è riuscito a parlare della disputa che i Nostri hanno avuto contro la Ticketmaster (il colosso che si occupa della distribuzione dei biglietti per i concerti), proponendo immagini di repertorio dove Stone Gossard espone la questione denunciando il regime di monopolio della società, e metter in risalto lo sguardo perplesso del chitarrista e di Jeff Ament quando una componente della giuria preposta fa apprezzamenti estetico-artistici nei loro confronti.

Impossibile non emozionarsi per chi li ha vissuti per tutti questi anni… il film è un vero e proprio flusso continuo di emozioni… Toccante quando dopo aver parlato e descritto i primi dieci anni della formazione, alla domanda del regista “Bene, e cosa dire dei successivi altri dieci anni, cos’è che vi ha influenzati e fatto restare uniti”? I Pearl Jam ricordano la tragedia di Roskilde in cui persero la vita nove persone, che li segnerà per sempre.

Colpisce, infine, la quantità di Italia, di tricolori e di immagini del Belpaese tratte dal Tour italiano del 2006 e presenti nel ricordo dei 20 anni di carriera. Finito il film, chiunque fosse presente in sala ha potuto rendersi conto di che tipo di legame hanno i fan con i Pearl Jam. Mentre scorrevano i titoli di coda sulle note di Just Breathe, nessuno si è alzato dal seggiolino e in religioso silenzio – come mai mi era capitato prima d’ora al cinema – ognuno si è letto fino all’ultimo i titoli che scorrevano. Tutto davvero molto emozionante. Arrivederci al Pearl Jam Thirty.

Intanto si fa sempre più insistente la voce, che nelle ultime ore sta facendo il giro del web, che nei primi mesi del 2012 dovrebbe uscire il nuovo album dei Pearl Jam. Ad annunciarlo è stato il bassista Jeff Ament nel corso di un’intervista rilasciata a Rolling Stones. Vive le Rock!

Articolo Precedente

Il pianoforte di Alessandra Celletti a sostegno del Teatro Valle occupato

next
Articolo Successivo

Fabrizio Poggi: un’armonica in Texas

next